La caratteristica terrazza Mascagni con la sua vista stupenda sul Mar Tirreno, i tipici canali che partono dal porto per arrivare fino al cuore della città, il monumento in onore di Ferdinando I di Toscana con quei famosi quattro mori incatenati ai suoi piedi. Le due Fortezze, la vecchia e la nuova, imponenti baluardi fatti con il mattone rosso posti a difesa del centro dagli attacchi di pirati e saraceni. Livorno è ricca d’arte e sono tante le cose da vedere in questa città toscana.
Una gita fuori porta può essere l’occasione dare uno sguardo a tutte le meraviglie del posto e soffermarsi magari ad ammirare la mostra dedicata ad uno dei figli più celebri della città labronica: Amedeo Modigliani. Per i cento anni della morte del grande artista, fino al 16 febbraio 2020, le sale del Museo della Città di Livorno ospitano Modigliani e l’avventura di Montparnasse con opere rare del suo periodo francese. L’esposizione, che ha visto Opera Laboratori protagonista nella realizzazione degli allestimenti, è stata inaugurata lo scorso 7 novembre ed ogni giorno tantissime persone fanno la fila per poter godere della bellezza dei caratteri femminili e della particolarità degli occhi e dei lunghi colli che hanno reso famoso Modigliani in tutto il mondo, basti pensare che nella settimana tra il 24 e il 30 dicembre sono state contate oltre 9300 presenze.
Era il 24 gennaio 1920 quando Modì, ricoverato all’ospedale della Carità di Parigi, scomparve all’età di 36 anni. Due giorni dopo l’amata compagna Jeanne Hébuterne decide di togliersi la vita nonostante aspettasse il secondo figlio da Amedeo. L’avvenimento lascerà un impatto enorme nella storia dell’arte, la nascita della leggenda che renderà Modigliani personaggio immortale, emanazione scandalosa di un mondo bohémien ormai lontano e perduto che nei suoi ritratti e nudi riconoscerà il senso della caducità della vita trascorsa tra il fuoco dell’euforia ed il malinconico, fatale tedio.
Il quartiere di Montparnasse in questo caso non è semplicemente lo sfondo delle vicende artistiche di Modigliani ma è cuore pulsante, elemento attivo, filo conduttore in cui si intrecciano le vite di grandi pittori esposti come Guillaume Apollinaire, Chaïm Soutine, Paul Guillaume, Blaise Cendrars, Andrè Derain e Maurice Utrillo, i quali stringono amicizia con l’artista nella condivisione di un clima culturale dinamico che neanche l’avvento drammatico della Prima Guerra Mondiale riesce a spegnere.
I dipinti e disegni esposti sono appartenuti ai due collezionisti più importanti che lo hanno accompagnato e sostenuto nella sua vita. Paul Alexandre, primo fra tutti era al centro di un legame tra Livorno e Parigi e Jonas Netter – il cui ritratto eseguito da Moïse Kisling possiamo ammirare nell’esposizione – ha riunito come un esperto e geniale collezionista, i più bei capolavori del giovane livornese. La mostra si apre con l’esposizione dei dipinti di Suzanne Valadon, beniamina di Degas, che nelle sue tele esprime l’intenzione generale della nuova pittura: la stesura piatta del colore dalla spiritualità espressionista come si nota nel dipinto Sottobosco, un brano di natura che appare incandescente nella violenza cromatica e nella vorticosità dei tratti curvilinei del sentiero e degli alberi. I dipinti del figlio di Valadon, Maurice Utrillo, conservano invece una forte impronta impressionista; sono esposte infatti splendide vedute della vecchia Parigi e di paesini francesi nei quali il colore è studiato in modo da dare vita alla luce e al clima, spesso cupo, come nella tela Porte Saint-Martin.
Tra i disegni di Modigliani si possono ammirare alcune Cariaditi quali la Cariatide (bleue) del 1913. Il disegno in questo caso non è uno schizzo preparatorio ma un’opera a sé stante dove la figura femminile è più rotonda e voluttuosa con contorni più sfumati e colorati. I ritratti esposti colpiscono per l’impassibilità e la solitudine di chi posa. I soggetti si mostrano immobili nel loro eterno silenzio e la loro corporeità seppur monumentale e solida non nasconde le tracce di un manierismo tutto italiano, l’eredità artistica acquisita in gioventù durante i suoi studi. Jeanne Modigliani affermò nel 1958 che la scultura senese, gotica in particolare, fece lui da guida per tutta l’idea di costruzione stilistico-formale delle figure. Egli infatti trovò risolti in questa quei problemi plastici che erano suoi durante la breve attività artistica come l’impostazione obliqua dei volti sui colli cilindrici, l’uso della linea che va oltre la funzione di contorno ma afferma la propria identità come elemento di densità scultorea, suggestione volumetrica e mezzo per contenere le masse accentuandone la pesantezza.
Assieme alla celebre Bambina in azzurro(immagine di copertina), tra i soggetti ritratti, spicca uno dei più cari amici di Modigliani, il tormentato ed irrequieto artista Chaïm Soutine. Nell’Autoritratto, esposto insieme ad altre sue opere, Soutine si mette alla prova come i grandi artisti del passato, che tanto ammirava, in una posa quasi anonima e con lo sguardo senza rughe ma preoccupato, con le mani fuori dal campo e la faccia che emerge da una sciarpa verde. Il percorso espositivo dunque rimane difficilmente collocabile di un ambito monografico, piuttosto tende ad attraversare una grande varietà di stili, tecniche, specchio delle personalità uniche degli artisti esposti. Modigliani viene così omaggiato dalla sua Livorno, la città che è rimasta nei suoi occhi e nel suo cuore, attraverso alcuni scorci di strada, gli amici dell’infanzia, la luce, la spiritualità ebraico sefardita e i ricordi familiari.
Clelia Venturi
Marco Crimi
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