biblioteca Intronati Siena
Nella pubblicazione, fresca di stampa, curata con grande attenzione e abbondanza di note da Pietro Peli, risalta la personalità di Paolo Cesarini (1911-1985), giornalista e scrittore senese, non conosciuto e apprezzato nella misura che meriterebbe.
Il libro presenta al lettore alcune pagine di un diario forse non destinato alla pubblicazione: pensieri e annotazioni scritti per non dimenticare accadimenti e luoghi, autori e incontri di un’epoca tramontata con le tragiche devastazioni della Seconda guerra mondiale.
Gli appunti, scritti dal ’45 al ’46, abbracciano solo un breve lasso temporale: il periodo che va dal 1943 al 1945, ma il taglio da ‘cronaca differita’ – come lo definisce Roberto Barzanti nella sua dettagliata presentazione – riesce a delineare, e bene, i personaggi di una tormentata vicenda personale inquadrata in una cruciale fase di passaggio. Con gli avvenimenti, che Cesarini ferma sulla carta, prendono forma anche le sue riflessioni e l’acuto, sebbene controllato, malessere che le accompagna.
Ne è un esempio la riflessione sulle tante cose fatte dai 24 ai 34 anni: “Ho fatto il soldato: ho combattuto con onore, sono stato mutilato e decorato al valore, sono arrivato a dover considerare se tutto ciò non sia un disonore o almeno una stupidità. (…) ho assaporato, senza stupida boria, il piacere di essermi fatta una posizione con il lavoro, l’intelligenza e l’onestà e ho dovuto provare l’amarezza della sconfitta inaspettata. E’ rimasta l’onestà di aver raggiunto quelle ‘altezze’ senza aver adoperato mezzi ignobili. Queste considerazioni non so quanti altri possano farle ed è una grande consolazione”.
Come scrive Barzanti, infatti, da queste note sopravvissute risulta chiara l’onesta riflessione di un uomo che, dopo aver vissuto, da giornalista e intellettuale, gli anni del fascismo non si ritrova nella facile disinvoltura dei voltagabbana, nel “celere conformarsi al nuovo clima”. Riandando ai primi anni della ricostruzione Cesarini non esiterà a confessare: “la verità è che ciò che mi tormentò nel dopoguerra fu la crisi per la mia crisi, il perché del perché, cioè l’impegno di scoprire le ragioni di quanto mi era successo”. E in questo difficile cammino a ritroso emergono figure e momenti di una città, Siena, ritrovata all’alba di una nuova epoca, tutta da decifrare.
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