Il 22 dicembre 1749 l’imperatore Francesco di Lorena, granduca di Toscana, riforma il calendario e stabilisce che, per tutto lo Stato toscano, debba essere usato un criterio unico, uniformato a quanto era già stato fatto in altre realtà fuori dall’Italia. Per Siena questo significa non computare più l’anno, come si faceva fin dal Medioevo, “ab incarnatione Domini”, facendolo iniziare quindi il 25 marzo, ma iniziare a calcolare l’anno dal 1 gennaio. Per la verità quest’ultima data era ormai da secoli frequentemente utilizzata per segnare l’inizio degli esercizi finanziari delle principali aziende e compagnie commerciali.
Così il 1750 fu il primo anno computato secondo il nuovo stile e a questo fatto si aggiunse anche un nuovo computo delle ore: il granduca stabilì, inoltre, che da questo 1° gennaio tutti gli orologi fossero regolati alla francese dividendo il giorno in 12 ore, mattutine e serali, iniziando il conteggio dalla mezzanotte. Fino a questa data il conteggio delle ore del giorno aveva inizio un’ora dopo il tramonto, secondo quello che lo stesso Pecci definisce “l’antico costume italiano“.
Le due novità, però, stizzirono alquanto i più conservatori che la giudicarono una “bizzarria”, criticando anche le spese necessarie per far regolare ad esperti orologiai tutti gli orologi della città, a partire da quello della Torre del Mangia. Le innovazioni introdotte, tuttavia, furono tanto rilevanti che si pensò di pubblicizzarle affiggendo una lapide, ancora leggibile, sulla facciata di Palazzo Pubblico.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti