Intervista al poeta e scrittore Guido Catalano, che stasera sarà ai Rinnovati assieme a Dente per uno spettacolo con la regia di Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale
Non è un reading, non è un concerto, non è una commedia dialettale e nemmeno uno spettacolo circense, non è un balletto, un workshop, uno spogliarello burlesco e neppure una dimostrazione di prodotti di bellezza o aspirapolveri. Allora che cos’è “Contemporaneamente insieme”, lo show che porteranno in scena stasera ai Rinnovati Dente e Guido Catalano per la regia di Lodo Guenzi (Lo Stato Sociale)?
Ce lo racconta lo scrittore del duo, quel Guido Catalano che da poeta pubblica per Rizzoli e collabora con Il Corriere della Sera Torino e Smemoranda.
L’altra metà dell’insolita coppia, Dente, è un nome di punta della musica indipendente italiana, un cantautore dal linguaggio raffinato, dotato di originalità e di talento.
L’appuntamento per vederli e sentirli all’opera è per stasera al Teatro dei Rinnovati, in occasione della rassegna “Rinnòvati Rinnovati”, curata dall’associazione B-Side e dall’Università degli Studi di Siena.
Catalano, che cos’è “Contemporaneamente insieme”? Quand’è iniziato il tour?
«E’ partito il 20 di gennaio e abbiamo già fatto una decina di date che sono andate molto bene. E’ uno spettacolo che si basa sulle nostre cose: le mie poesie e le canzoni di Dente. Non c’è solo un’alternanza tra i nostri pezzi, c’è anche una vera e propria fusione di generi. Da una parte leggiamo e suoniamo i nostri cavalli di battaglia, dall’altra proponiamo una serie di situazioni inedite in cui le poesie diventano canzoni e le canzoni diventano poesie. Non manca una buona dose di interazione con il pubblico e un po’ improvvisiamo a mo’ di spettacolo cabarettistico».
Sia lei che Dente giocate con le parole. Cosa vi accomuna nel farlo?
«Abbiamo dei temi comuni, uno dei quali è sicuramente quello dell’amore. E’ l’argomento principale di “Contemporaneamente insieme”, dove viene declinato in vari modi. Dal punto di vista formale, quello che mi accomuna con Dente è un certo uso dell’ironia e dell’autoironia. Questo spettacolo ha pure momenti comici dove si ride.
Per quanto riguarda l’utilizzo della parola, abbiamo, pur servendoci di forme di espressione differenti, modalità di scrittura che alle volte sono simili. Usiamo immagini affini e il tutto è casuale».
La possibilità di costruire giochi di parole è una caratteristica propria della lingua italiana. Secondo lei, non è una peculiarità un po’ sottovalutata?
«Non direi. E’ vero che l’italiano permette di fare tanti giochi di parole. Dente lo fa molto, io anche, ma forse meno. E’ un mezzo utile e divertente anche per parlare di cose serie. Sinceramente, non ho mai pensato se ci sia coscienza o meno di questa possibilità dell’italiano».
Che musica ascolta? Nel caso, l’utilizza nel processo creativo?
«Ascolto molta musica fin dalla mattina. Appena sveglio e dopo essermi messo gli occhiali, faccio partire subito un po’ di canzoni. Mi piace ascoltare i cantautori italiani, sia i classici sia i contemporanei come Dente o Brunori. La musica ha per me, da sempre, una grande importanza anche nel processo creativo. Spesso e volentieri, nelle mie poesie cito i versi di brani italiani che mi piacciono. Penso che la poesia, soprattutto quella performativa, abbia molto a che fare con la canzone. Quando un testo poetico funziona, è perché ha un ritmo e una musicalità. In fondo, credo che le canzoni e le poesie siano un po’ cugine».
Il vostro amico, nonché regista di “Contemporaneamente insieme”, Lodo Guenzi ha recentemente conquistato l’Ariston con Lo Stato Sociale. Lei e Dente state facendo un pensierino al prossimo Festival di Sanremo?
«A me piacerebbe un sacco, sono un appassionato del Festival. Non so quanto possa essere realistica una partecipazione in coppia, ma vorrei che Dente ci andasse. Se non ci va, ce lo porto con la forza!».
I suoi prossimi progetti?
«I miei vecchi libri saranno ripubblicati da Rizzoli nella Bur e poi io sto scrivendo un nuovo romanzo che dovrebbe uscire entro un anno».
E’ mai stato a Siena?
«Sì, ci sono stato, ma mai per lavoro. Fra le città importanti, era una di quelle che mi mancava».
Emilio Mariotti