Il 28 marzo del 1944 giunge a Casa Giubileo, in località Montemaggio, un numeroso contingente di militi della Guardia Nazionale Repubblicana di Siena con l’obiettivo di catturare i partigiani che si erano rifugiati nel casolare dove all’epoca viveva la famiglia Vannoni. Nella seconda metà del mese di marzo del 1944, infatti, un gruppo partigiano in contatto con le Brigate Garibaldi operanti nella zona nord-est della provincia di Siena, si stabilisce sul Montemaggio con l’obiettivo di creare azioni di disturbo e sabotaggio contro le truppe di occupazione nazifasciste. Il casolare diviene così luogo di riferimento di un gruppo partigiano comandato da Velio Menchini, detto “Pelo”.
Il 28 marzo si consumò l’eccidio. All’alba il casolare fu circondato da un numeroso contingente di militi della GNR, informati della presenza dei partigiani da un fascista della zona, che diede inizio ad un conflitto a fuoco al termine del quale i 19 partigiani furono catturati, due uccisi, altri due riuscirono a fuggire. Alla cattura fece seguito la fucilazione messa in atto dai fascisti in località Porcareccia, poco distante da Casa Giubileo. All’eccidio riuscì a sfuggire Vittorio Meoni grazie al quale è stato possibile ricostruire gli eventi che sarebbero rimasti altrimenti conosciuti solo dalla documentazione scritta prodotta dalla GNR che racconta una versione dei fatti molto diversa da ciò che accadde nella realtà di quel 28 marzo 1944. I giornali, infatti, scrissero di “ribelli uccisi in combattimento”, provocando lo sdegno di tutti.
L’opinione pubblica fu profondamente scossa dal tragico episodio dato che fino a questo giorno il territorio non aveva conosciuto grossi scontri fra i fascisti e i tedeschi da una parte e i partigiani dall’altra. Questo fu il più grave fatto di sangue avvenuto nel senese dall’otto settembre 1943 alla liberazione del territorio da parte delle truppe alleate. Nel dopoguerra i responsabili dell’eccidio furono sottoposti a procedimento giudiziario che terminò con numerose condanne.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti