Il 7 marzo 1572 la commissione incaricata dal collegio di Balia di scegliere in Siena i luoghi “stimati più acconci alla dimora della Nazione Ebrea” termina il suo lavoro e individua alcune strade adatte per formare il ghetto: si trattava del Fondaco di Sant’Antonio in Fontebranda, di un’area vicino a via di Calzoleria e delle Donzelle, di una parte di via Salicotto e della zona detta “ristretto di San Martino”, che peraltro era già abitata da famiglie ebree.
Alla fine, quest’ultima fu giudicata ideale per ospitare il ghetto. Il 15 marzo 1572 il Governatore, in una lettera al Granduca, si diceva d’accordo: il luogo prescelto è “molto comodo e vicino alla Piazza pubblica, c’è in mezzo una piazza, commodità d’acque, da fare botteghe e con poco tempo altri comodi”; insomma era “quasi per ciò accomodato”. Le case, poi, possono essere affittate agli ebrei, dato che prima “le più” erano date “a meretrici o persone di bassa mano”. Anche a Siena, dunque, si sceglie di costruire il ghetto in una zona centrale ma malfamata al fine di risanarla e viene demandato agli stessi ebrei il compito di provvedere alle opere necessarie alla recinzione dell’area che era compresa tra la Via di Salicotto e la Via di San Martino, con il Vicolo delle Scotte, del Luparello, del Rialto. Il ghetto vene definitivamente aperto solo nel 1859.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti