Rito di passaggio? Forse. Rito di iniziazione? Anche. Certo uno di quei momenti importanti che scandiscono le nostre vite che lo si faccia, inconsapevoli, da “cittini”, oppure, per scelta, da adulti. Forse così si era immaginato il “Battesimo Contradaiolo” il tartuchino Silvio Gigli, nel lontano 1932, quando ebbe l’idea di edificare “una fontanina in ogni Contrada” per “dar vita a questo originalissimo “Battesimo Contradaiolo” che consacrava per tutta la vita l’appartenenza del neonato alla Contrada di nascita”. E la Tartuca avrebbe dovuto essere il primo rione a dotarsi di una fontanina se una vera e propria azione di spionaggio non avesse ribaltato l’evento. Gigli fece realizzare una tartaruga in bronzo allo scultore Lodovico (Vico) Consorti per poi fonderla alla fornaci di Santa Lucia, di proprietà di Dino Rofi. Il risultato finale fu notevolmente inferiore alle aspettative per cui i tre misero mano ad un nuovo progetto. Nel frattempo però, essendo le fornaci nel territorio della Chiocciola, in San Marco si venne a sapere del piano, per cui, avendo già pronta una scultura di Fulvio Corsini (maestro di Consorti), nel 1947 i chiocciolini inaugurarono, per primi, la fontanina.
L’idea di Gigli fu comunque un successo e di lì a pochi anni si scatenò una vera e propria corsa alle fontanine. Nel 1951 fu la volta della Tartuca (su disegno di Buracchini perché Consorti non volle fare uno sgarbo al suo maestro), nel 1954 della Torre, poi tra gli anni Sessanta e Settanta del ‘900 di quasi tutte le altre. E questo non è certo un caso. Con la definitiva e inesorabile espansione extra moenia di Siena e la nascita di molti e popolosi quartieri (da Ravacciano a San Prospero, dai Cappuccini, all’Aquacalda e San Miniato) si avvertì sempre più la necessità di dare un “certificato di appartenenza contradaiola” a tutti quelli che, forzatamente, nascevano fuori del rione. In quest’ottica, del resto, il battesimo laico non è che una ulteriore prova di come le Contrade hanno saputo cambiare adattandosi ai mutamenti storici, sociali e urbanistici di Siena.
Con un importante tratto comune: tutte si alimentano dall’acqua dei bottini, quell’acqua che gli antichi senesi bevvero e che i “nuovi” senesi usano per ribadire l’appartenenza, in senso più ampio, alla cultura della città.
Roberto Cresti
Maura Martellucci
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