Un Natale senese: scordiamoci il Babbo Natale di oggi e altre futuribili derivazioni. Per i senesi di un tempo a portare i regali nella notte della nascita di Cristo era il Ceppo, una creatura indefinibile con una chiara derivazione dal pezzo di legno che ardeva un tempo nei camini. C’era un rituale diffuso fra poveri e ricchi: i bambini andavano nella sera del 24 in una stanza più lontana della casa, distanti dal Ceppo che ardeva, e recitavano la preghiera: “Ave Maria del Ceppo, angelo benedetto! L’Angelo mi rispose, Ceppo mio bello, portami tante cose!”
E i più piccoli raccontavano che in questo notte profonda e sacra, parlava, rispondeva alle domande ansiose dei bambini. E diventava anche un vero e proprio feticcio: ben ornato, a seconda della ricchezza della casa, rivestito di stoffa, fiocchi e pinoli infilati in una sorta di collana, con la testa fatta da una pina che aveva la carta argentata al posto dei capelli.
Un Ceppo “umanizzato” e ingentilito che faceva bella mostra sopra al caminetto acceso. Le storie popolari oggi si rincorrono: “a mezzanotte il Ceppo miracolosamente spariva e durante la cena, oppure quando rintoccava la mezzanotte, si sentiva bussare alla porta. “Chi è?” chiedeva la mamma. “Il Ceppo!” La mamma rispondeva: “Grazie, venite pure!” Il Ceppo allora si presentava colmo di regali e veniva portato come in trionfo e steso sulla tavola. Canti e applausi e tante cose buone che magari mancavano durante l’anno. Così il Ceppo veniva messo poi sul fuoco spoglio dei regali e doveva durare fino a tutto il giorno dopo e magari bruciare anche per Santo Stefano. Altri tempi, altri camini e soprattutto altri Ceppi. I presepi erano ad appannaggio di pochi e gli alberi lontani ancora anni luce. Ma c’era il Ceppo e la gioia di poche cose. Buon Natale a questa Siena ormai lontana. A quella di oggi occorre molto di più di un semplice augurio. Che un Ceppo gigante torni dunque fra noi.
Massimo Biliorsi