E’ quasi giunta al termine l’opera di restauro del Cristo deposto, capolavoro dell’artista della seconda metà del ‘400 Francesco di Giorgio, scoperto nella basilica dei Servi grazie agli studi di Gianluca Amato, storico dell’arte, studioso della scultura rinascimentale, che è riuscito a risalire alla paternità dell’opera grazie ad un confronto con gli Angeli bronzei realizzati a corredo dell’altare maggiore del Duomo di Siena, anch’essi prodotti da Francesco di Giorgio e nei quali si possono notare le stesse pose e movenze che caratterizzano il Cristo in terracotta dei Servi.
Ieri, 13 maggio, alla presenza della capo delegazione Donatella Capresi, del direttore dei lavori Bagnoli Alessandro della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo, della Dottoressa Laura Ponticelli della Curia Metropolitana, del Professor Roberto Bartalini dell’Università di Siena e di Fernanda Cavari, direttrice del laboratorio del Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni che è stato messo a disposizione per il restauro, ci è stato possibile ammirare i progressi del lavoro compiuto dall’abile mano di Jacopo Carli.
Un lungo processo che il FAI si è preso carico di supportare e finanziare attraverso l’importante raccolta fondi (un grande sostegno ricevuto da Liberamente Osteria) che ha permesso di riportare alla luce quest’opera di incredibile bellezza che per secoli era rimasta visibile sotto la mensa di un altare nella basilica dei Servi, ma la quale esposizione non aveva tuttavia permesso che fosse riconosciuta come un prodotto dell’artista senese.
La scultura si presentava fortemente alterata da un denso strato di sporcizia e di verniciature, che tentavano di dare uniformità a una situazione compromessa dall’uso della scultura per le funzioni devozionali del Venerdì Santo. Dopo aver rimosso i primi strati di sporco, sono venute alla luce diverse fratture sparse lungo tutto il corpo della scultura, alcune di esse avevano subito blandi tentativi di riparazione, ma lo stato complessivo del Cristo verteva verso una situazione disastrosa.
Si presume che i problemi si siano già creati all’origine, durante la cottura della terracotta che si è fratturata: di solito, un’opera di così grandi fattezze non deve essere cotta, proprio per evitare crepe e fratture. Adesso, è stata raggiunta la fase intermedia del restauro e gli strati rimossi hanno portato alla luce il colore originario dell’incarnato che mostra anche l’attenzione dell’artista nel realizzare ematomi e segni della flagellazione. Una volta rimossa tutta la sporcizia, il Cristo verrà ricomposto interamente e riportato nella sua ubicazione nella basilica dei Servi.
Arianna Falchi
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