Il programma “Ritorno alla luce” nel corso del quale il Monte dei Paschi presenta opere d’arte restaurate o nuove acquisizioni ha registrato un’iniziativa straordinaria.
Invece di un quadro è stata presentata questa volta, al nono appuntamento, l’edizione in sei volumi, editi dall’Accademia degli Intronati, di un prezioso manoscritto, custodito nel Fondo librario antico della banca. Si tratta degli undici tomi elaborati da Giovanni Antonio Pecci (1693-1768) su “Lo Stato di Siena antico, e moderno”: un’opera fondamentale che occupò il grande erudito fino agli ultimi anni di vita. Pecci, Archintronato, fu spesso al centro di roventi polemiche: per lui l’erudizione era anche un’arma di battaglia politica e per questo suo temperamento combattivo si procurò non poche inimicizie. Oltretutto visse nella tumultuosa fase di trapasso dal dominio mediceo all’arrivo dei Lorena, fase in Toscana fitta di cambiamenti e novità istituzionali. Quella che ora ha visto la luce è la quarta stesura di una rassegna puntuale e meticolosa delle terre che componevano l’antico Stato di Siena: 196 sono le località censite in una sorta di dizionario geografico non privo di allusivi risvolti politici. Nel disegnare la mappa del glorioso passato Pecci sottintende un progetto di rinascita e incita i governanti a riprendere il cammino almeno dal punto di vita del rilancio economico. Era più un sogno che una strategia realistica. Resta il fatto che la fatica della collazione, durata decenni, è una testimonianza di prim’ordine di una cultura di matrice muratoriana ma mossa da una genuina e ruvida passione calata nel presente. Finora l’immane lavoro del Pecci era stato edito a pezzi e bocconi. Ad esempio erano edite le pagine su Castelnuovo Berardenga, Torrita, Rapolano. Ora finalmente Mario De Gregorio e Doriano Mazzini hanno messo a punto un’edizione filologicamente inappuntabile dell’ultima versione, ma avendo sott’occhio le precedenti stesure. La loro non è stata una pura e semplice trascrizione ma un’operazione non dissimile a quella che si riserva ad un quadro da rendere intellegibile in ogni sua parte secondo gli intendimenti dell’autore.
Prima la Fondazione Mps e poi la banca stessa nonché il Ministero dei beni e delle attività culturali hanno reso possibile con il loro generoso sostegno un’operazione che si è protratta per oltre un decennio ed essenziale è stato il ruolo del servizio sponsorizzazioni e attività culturali di Mps ed in esso la direzione Carlo Lisi e la cura costante di Duccio Benocci. Le pagine di Pecci sono ora leggibili anche come una viaggio in un territorio ricco di risorse, alla fine del Settecento in preda ad una grave decadenza.
Così lo scorbutico Intronato, fiero del suo nomignolo accademico di Colorito, odiato dai senesi per le sue “coglionerie”, sempre pronto a rintuzzare falsificazioni ed enfatizzazioni fuori luogo, può ora essere apprezzato nella sua opera maggiore e più sistematica ben al di là del mondo delle Contrade. Come si sa, Pecci fu l’estensore effettivo del bando di Violante di Baviera del 1730, e disegnò con finezza di urbanista i confini delle Contrade per far tacere ricorrenti polemiche e accese controversie.
Roberto Barzanti