Il ritorno del fumetto cult

State per addentrarvi in un selva esuberante di graziose vignette che in poche pagine raccontano le vicende complicate e stratificate d’una piccola grande città: Siena.
Una storia illustrata che è ormai diventata un ‘cult’ da quando è apparsa per la prima volta oltre trent’anni fa, stampata e ristampata tante volte per il costante successo incontrato.
La vivacità del disegno si unisce alla cordiale arguzia delle scene e dello scritto che le accompagna, per cui il lettore è invitato a divorare quasi queste pagine, a leggerle senza una sosta.
Ed è una storia disegnata in modo scanzonato che non meraviglia affatto a Siena, terra di disegnatori, vignettisti, scrittori satirici da sempre. Sarà un caso che uno dei pochi eventi della storia antica romana di Siena riguarda il dileggio che fu inscenato ai danni di un senatore romano? Probabilmente era giunto tutto tronfio della sua prestigiosa carica. Non aveva sbagliato il sito per fare il gradasso?
A Siena il prepotente ha (di solito, salvo qualche eccezione recente, ahimè) vita grama, anche se viene con i titoli più altisonanti.

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Chi si affaccia per il Palio dalle trifore del Palazzo sarà pur sempre informato che qui viene per onorare un Popolo in festa, e non già per ricevere grati inchini? E la vicenda di Barbicone che qui si troverà puntualmente ricordata, potrà anche essere stata ampliata e modificata passando di generazione in generazione ma è ‘verissima’, proprio perché garantita da una ininterrotta tradizione popolare che ha attraversato i secoli come la memoria di Montaperti.
Ebbene, il merito del Lisi è di condurre con il suo tratto simpatico – sempre sorridente, fanciullesco e quasi irriverente – attraverso quelle vicende: anche di guerra, di affronti duri, di lotte fratricide.
Ci sono momenti negativi di primato effimero, come quello di Pandolfo Petrucci (tiranno osannato con le bandiere della Libertas), e poi quello degli spagnoli, cui seguì quello ben più durevole dei Medici.
Ma ogni volta i Senesi seppero convertire le congiunture anche pessime in qualcosa di buono per la città tutta. L’arte non fu mai così splendida come ai tempi di Pandolfo, ma poi soprattutto si poté profittare della pax medicea per sviluppare settori prima meno curati, dalla banca pubblica al Palio, divenuto in quel tempo dominato dalle Contrade, alla libera ricerca anche impertinente svolta nelle accademie, dagli Intronati (con il motto: ‘non credere a nessuno’) ai Rozzi (raffinati scrittori di commedie cui persino Shakespeare s’ispirò), ai Fisiocritici, tanto giustamente ‘critici’ da insospettire l’Inquisizione.
E come il Lisi ci fa festa anche con gli eventi più tristi, i Senesi del passato non perdevano occasione di difendersi facendosi beffe dell’avversa congiuntura, sempre a carnevale e poi con le pugna, con le corride, finché il papa non ci costrinse ai pacifici destrieri da corsa.
E le Contrade? Mancava l’acqua nei rioni, in alcuni si patì anche la fame a volte, ma la voglia di gareggia’, di umiliare l’avversaria, di trionfare pe’ far festa non venne mai meno. Neppure con ‘ospiti’ prepotenti come le truppe del Corso imperatore… e neppure con l’altro autocrate sciagurato trionfante grazie ai manganelli: alla dichiarazione di guerra si pensò subito, ci dice Lisi, al ‘guadagno di Pottino’ e all’impossibilità di correre il palio. Finché s’arriva, guarite le ferite della guerra, allo sviluppo rapidissimo di alcuni anni del Dopoguerra.
Il disegnatore-storico lascia allora la voce al Senese comune: si va sulla luna, ma noi vogliamo sempre la nostra città a misura d’uomo, ricca di gioiosa e variegata confusione, come nel celeberrimo lorenzettiano affresco del Buon Governo. Si sta a chiacchiera nei rioni, si beve e si gioisce e ci si complimenta di tanta bella gente, anche quando si esce per sollazzo nella dolce, inimitabile campagna fuori porta.
Grazie al Lisi e ai tanti altri Senesi che ne scrivono, che ci riflettono sopra, nei libri, nei blog, nei giornali, nei social network, quella storia di ieri e di oggi è ben viva e ci darà la fiducia e la forza per superare anche le innegabili odierne difficoltà.

Mario Ascheri