Con il XVIII secolo il Santa Maria della Scala sarà protagonista di tutti quei mutamenti, istituzionali, organizzativi, funzionali e anche strutturali, che lo porteranno ad entrare a far parte, nel 1790, del sistema ospedaliero toscano. Non più xenodochium, dunque, ma ospedale vero e proprio (nel senso moderno del termine), anzi ospedale universitario.
La necessità di una globale ristrutturazione degli spazi, oltre a gravissimi problemi igienici, porteranno il rettore Girolamo Pannilini a presentare al Comune di Siena (siamo nel 1764) una petizione per ottenere in appalto un campo di circa mezzo staio “situato fuori della porta S. Marco per farvi costruire un nuovo camposanto e liberare la fabbrica dello Spedale (…) non tanto dalle cattive esalazioni che venivano a diffondersi per tutta la detta fabbrica con danno dei malati, e dei serventi, quanto ancora per poter riparare al patimento che recano alla detta fabbrica le sepolture del vecchio campo santo”. Il Comune, dai documenti, sembra accogliere la richiesta e concedere al Santa Maria un campetto detto “orto del Terrazzi”, tenuto in affitto dal medesimo, per edificare il primo cimitero extra moenia dell’ente caritativo. Ma dell’effettiva attuazione del progetto non abbiamo notizie.
La direzione dell’ospedale, tuttavia, aveva anticipato per necessità proprie e solo di pochi anni quelli che saranno i dettami in materia di sepoltura e salubrità dell’ambiente urbano che coinvolgeranno e sconvolgeranno l’intero granducato di Toscana. Nel 1766, infatti, il granduca Pietro Leopoldo dispose affinché i cimiteri fossero costruiti esclusivamente fuori dei centri abitati. Se il seppellire i personaggi importanti oppure coloro che ne facevano richiesta (dietro lauto compenso) all’interno di chiese, conventi, ospedali, istituti religiosi fino a questo momento era una pratica comune, essa divenne inconciliabile con la nuova legge.
Così fuori Porta San Marco si costruirà, in realtà, il primo vero cimitero cittadino, quello del Laterino. E nel Laterino saranno davvero inglobate tutte le sepolture del Santa Maria della Scala, oltre ai resti mortali di tutti coloro che avevano la propria tomba all’interno di qualche chiesa senese. I lavori per la realizzazione del nuovo camposanto erano iniziati il 16 ottobre 1784 in località detta Poggio del Cardinale e due anni erano già terminati tanto che nel giugno 1786 viene benedetta la cappella e officiata la prima messa dal canonico, il reverendo Periccioli.
Se vi chiedete come vennero disseppelliti i cadaveri (e provate solo ad immaginare quante centinaia fossero) è sufficiente leggere il resoconto fatto Pietro Pecci nel “Giornale Sanese”. Alla data del 1° giugno 1786 racconta, scandalizzato, che arrivò da Firenze un “beccamorto reale per interrare tutte le sepolture e farci sopra la volta”, visto che dal 1° luglio i morti dovevano essere seppelliti nel nuovo cimitero. Al Pecci non piacque il metodo usato dal becchino: “fu il più barbaro e il più indecente”, scrive, perché entrava nelle chiese cittadine seguito da una “turba di muratori senesi” e scoperchiando i sepolcri (che spesso andavano distrutti insieme alle lapidi) estraevano i resti mortali. “La prima chiesa che soffrì il sacco militare”, continua l’annotazione irata di Pietro Pecci, “fu la chiesa di S. Caterina in S. Domenico, oggi uffiziata (…) dai monaci neri che prima stavano a Munistero, nelle lapide che furono fracassate si sono perdute moltissime memorie di famiglie antiche e spente”. Le lapidi delle famiglie ancora esistenti, invece, una volta tolti i resti mortali delle salme, vennero rimesse nelle chiese e nei chiostri come quella della stessa famiglia del cronista che dice “in Sant’Agostino se ne vedono molte (…) e fra queste quella della mia famiglia Pecci, che era nel primo chiostro a mano manca per entrare in chiesa dalla porta di fianco, adesso si vede murata nella muraglia”.
Il nuovo camposanto, peraltro, creò anche gravi problemi alla Contrada della Pantera che il 4 luglio dovette abbandonare la cappella di San Giovanni Decollato (nella quale officiava dalla metà del XVII secolo) adibita, ora, all’esposizione delle salme prima della sepoltura.
Roberto Cresti
Maura Martellucci
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