“Il sedici di agosto”, le ultime ore di Sante Caserio

“Il sedici di agosto” è uno dei pochissimi canti di origine politica assimilati nella tradizione popolare senese

Sante Caserio

Sante Caserio

Chissà cosa voterebbe domani al referendum Sante Caserio. Sempre se votasse, perché visti i suoi ideali di anarchia potrebbe tranquillamente starsene a casa o addirittura sabotare la cabina elettorale. Perché parliamo di lui in una rubrica sui canti senesi? Perché è il protagonista di uno struggente stornello, chiamato Il sedici di agosto (un giorno qualunque…), che è possibile sentire ancor’oggi nei vicoli di Siena. Le strofe, scritte da tale Pietro Cini, raccontano gli ultimi attimi di vita per l’appunto di Sante Caserio, un anarchico lombardo che venne ghigliottinato a Lione a soli ventuno anni, il 16 agosto 1894. Giusto meno di un mese prima, il 24 giugno, aveva colpito a morte con alcune pugnalate il presidente della Repubblica francese Sadi Carnot.

La figura di Sante Caserio divenne subito popolare negli ambienti anarchici, visto anche il suo rifiuto nel fare i nomi dei complici. Il giovane fornaio in breve tempo si ritrovò post-mortem a essere il protagonista di molti canti di protesta come La ballata di Sante Caserio, Caserio passeggiava per la Francia o Sante Caserio uccisore di Sadi Carnot. Rispetto allo stornello che cantiamo a Siena, che possiamo trovare anche come Le ultime ore e la decapitazione di Sante Caserio, le altre canzoni dedicate al ragazzo sono molto più politicizzate. Le strofe che siamo soliti ripetere in città, con solennità e commozione, infatti parlano degli ultimi momenti di vita del fornaio. Non c’è ideale, non c’è politica, c’è solo un uomo di fronte a morte certa. Leggendo i versi possiamo facilmente immaginarci il giorno finale del condannato, dalla sveglia da parte del giudice, al popolo festante per lo spettacolo di un boia in azione. Il momento più toccante è sicuramente nel passaggio in cui Caserio chiede al prefetto di consegnare un biglietto alla mamma. E’ l’ultimo desiderio del ragazzo prima di avviarsi verso il patibolo.

Non sappiamo come questo canto sia arrivato e rimasto nella nostra tradizione. Probabilmente la sua drammaticità ha colpito i senesi o forse è stato diffuso dagli anarchici locali. Tant’è che è uno dei pochi stornelli di origine politica che possiamo trovare nel repertorio dei canti senesi. Forse solo altri due sono accostabili al Sedici d’agosto, anche se cantati molto meno, cioè Son cieco e L’esiliante, entrambi comunque privati dai versi più prettamente politici. In tutte queste canzoni si cantano le gesta di povera gente, umile come lo è stato per la gran parte del novecento il popolo senese.

Il 16 agosto 1894, mentre a Sante Caserio tagliavano la testa, nella Piazza del Campo a trionfar v’era la Contrada Sovrana dell’Istrice con Francesco Ceppatelli detto “Tabarre” su Angiolusse.

Il sedici di agosto
sul far della mattina
il boia avea disposto
l’orrenda ghigliottina
mentre Caserio dormiva ancor
senza pensare al triste orror.

Entra nella prigione
un giudice prefetto
con voce d’emozione
svegliano il giovinetto
disse svegliandosi: “Che cosa c’è?”
“E’ giunta l’ora: alzati in piè.”

Udita la notizia
si mutò nel sembiante
veduta la giustizia
si alzò tutto tremante
gli chiese prima di andare a morir
dite se avete nulla da dir.

Così disse al prefetto:
“Allor ch’io morto sia
prego questo biglietto
sia dato a mamma mia
Posso fidarmi che lei lo avrà
mi raccomando, per carità.

Altro non ho da dire
schiudetemi le porte
finito è il mio soffrire
via datemi la morte.
E tu, mia madre, dai fine al duol
e datti pace del tuo figliol.”

Poi con precauzione
dal boia fu legato
e in piazza di Lione
fu quindi trasportato
e spinto a forza, il capo entrò
nella mannaia che lo troncò.

Spettacolo di gioia
la Francia manifesta
gridando “Viva il boia
che gli tagliò la testa”

“gente tiranna e senza cuor
che sprezza e ride l’altrui dolor.

(Nella tradizione senese alcune di queste strofe vengono omesse)

Emilio Mariotti

Un ringraziamento a Michele Masotti per l’aiuto