Ilaria D’Uva presenta “Meteoriti”, la conferenza internazionale sulla cultura che da domani fino al 28 maggio si svolgerà al Santa Maria della Scala
Da domani fino al 28 gennaio, il Santa Maria della Scala ospiterà “Meteoriti”, una conferenza internazionale con presentazioni, workshop, visite e tavole rotonde alla presenza di professionisti del mondo della cultura. Verranno analizzate le novità in ambito museale, musicale e nella fruizione delle città. Ilaria D’Uva, CEO dell’azienda di tecnologie museali D’Uva Workshop, ha ideato e curato l’iniziativa insieme a Renato Quaglia e al direttore del Santa Maria della Scala Daniele Pittèri.
Che cos’è e come nasce “Meteoriti”?
«E’ una conferenza, dalla durata di tre giorni, su cultura e futuro. Il sottotitolo dell’evento è “breaking culture”, perché vogliamo far venire fuori cos’è la “rottura” per quanto riguarda musei, città e musica. Nasce dalle frequentazioni, discussioni e riflessioni fra me, Daniele Pittèri e Renato Quaglia».
Da questa tre giorni verranno fuori solo parole o atti concreti?
«Per prima cosa è importante che ci siano delle riflessioni su questo tema. Ci sono ambiti che sono più “lenti” rispetto ad altri, per esempio quello museale in confronto a quello musicale. Per quanto riguarda i musei ci sono dei ritardi nella concezione dei rapporti con il pubblico, di come lo si considera e di come lo si accoglie. Per noi “Meteoriti” è importante proprio per discutere di questi argomenti. Non solo, questa tre giorni ci darà anche la possibilità di studiare report dall’estero, come quello proveniente dalla Spagna sull’uso della tecnologia nei musei. Sarà, quindi, l’occasione per confrontarsi con realtà internazionali e le istituzioni».
Mi potrebbe fare un esempio di una pratica innovativa nelle relazioni con il pubblico?
«Avremo un collegamento via Skype con Chiara Bernasconi del MOMA di New York. Loro, per esempio, si stanno impegnando a migliorare la segnaletica del museo, una problematica spesso sottovalutata».
Secondo lei una città come Siena di che cosa ha bisogno in questi ambiti?
«Ha bisogno di accogliere le novità, come sta facendo al Santa Maria della Scala grazie al suo direttore. Avrebbe poi necessità di sviluppare l’integrazione fra le differenti realtà museali e con le altre città».
Si sta parlando sempre più di realtà aumentata come nuova opportunità. Può essere utile davvero?
«Premetto che sono un po’ scettica con le tecnologie. Penso che certi musei non abbiano bisogno della realtà aumentata. Può essere utile, invece, negli scavi archeologici per vedere i vari sviluppi nel tempo dei siti».
Per lei in Italia ci sono troppi beni artistici e culturali oppure non li sappiamo gestire?
«Non li sappiamo gestire, perché la cultura non è mai troppa e nemmeno l’arte. Dobbiamo rendere tutte queste cose maggiormente inclusive, aperte e disponibili al pubblico».
Emilio Mariotti