Ci siamo incontrati a metà tra il sonno e la veglia in una sorta di limbo onirico dai colori stucchevoli e dalle forme vaporose, un po’ come si confà al personaggio in questione. Francesco Bernardi, in arte Senesino, era un celebre cantante lirico vissuto tra il ‘600 e il ‘700 di origini senesi, una personalità eccentrica e capricciosa che ha raggiunto la fama grazie all’innato talento aiutato dalla castrazione, pratica diffusa tra i cantanti lirici del tempo. Qui riporto la cronaca di un sogno.
Francesco Bernardi, la sua carriera l’ha portata ad esibirsi in tutta Europa, ma è un senese tutto d’un pezzo, giusto?
“Tutto d’un pezzo non di direi, qualcosina mi manca. Sa, mia cara, sono figlio di un umile barbiere che aveva la bottega in Piazza del Campo, un gazzilloro qualunque che in pochi tenevano in considerazione. Nonostante la mia bella presenza e l’innato talento, ho avuto bisogno di un… piccolo aiuto, per così dire. Avevo tredici anni quando zac! Un colpo e via”.
Mi perdoni, può essere più chiaro?
“Suvvia, signorina, ma in che epoca vive? Castrato. Evirato. Alleggerito. E sentisse che voce mi è venuta fuori, toccavo note che qualche gallina, mia collega, neanche osava immaginare. Le solleticavo e le facevo mie con deliziosi gorgheggi, la gente impazziva per le mie arie. Insomma, senza l’ingombro dei genitali ho volteggiato sui palchi londinesi, a Dresda mi hanno osannato come fossi una divinità… Un po’ lo sono, modestamente”.
Lei ha anche collaborato con i più importanti compositori europei, da Johann Heinichen a Georg Frederich Handel. Cosa ha imparato da queste personalità?
“Cosa hanno imparato loro da me, vorrà dire. Heinichen, figlio di una buona donna, quell’omuncolo aveva meno attributi di me, se vuole saperlo. ‘Un rozzo colpo da virtuoso’, disse, quando lui neanche sapeva cos’è la virtù, quel barbagianni rivestito. Si offese perché gli feci gentilmente notare la sua scarsa conoscenza dell’italiano e, forse, devo aver accidentalmente lanciato in aria la partitura. Ma deve sapere che non fu un peso dimettermi dalla sua compagnia, ho sempre pensato che quel diverbio fosse provvidenziale per la mia carriera. Handel sì che aveva orecchio, invece. Mi assunse per la Royal Academy of Music di Londra per 500 sterline a stagione… Non lo dica in giro, ma arrivavo a guadagnare ben 3.000 ghinee l’anno! Una vera fortuna”.
Qualcuno dice che la sua presenza scenica non fosse delle migliori. Come risponde a queste affermazioni?
“Questi inetti, tutta invidia! Sa cosa dice la volpe che non arriva all’uva? Lo stesso che dice un intero che non canta come un castrato! Hanno osato criticarmi per la statura e si riempivano la bocca con oscene amenità. Goffo e scomposto, dicevano, altri mi davano dell’eunuco vanitoso solo per il vezzo di fare ironia sulle mie condizioni. In realtà, la mia bella presenza era idilliaca a la gente si dava di gomito al passaggio del grande Senesino. A Siena mi conoscevano tutti, c’era chi veniva in città solo per potersi vantare di aver conosciuto il famoso cantante. Un omone come me con una voce così angelica, non le sembra al pari di un’opera d’arte”?
La sua famiglia era orgogliosa di lei e del suo successo?
“Rozzi cagnacci, veri e propri sciacalli! Li mantenevo tutti, ognuno con un compito ben preciso nella mia tenuta di campagna. Dal maggiordomo allo stalliere, avevo dato lavoro a tutti e loro mi hanno ripagato sbeffeggiandomi, portando per bocca il buon Senesino. Eppure sono sempre stato così magnanimo, forse solo un po’ pignolo… Li ho diseredati tutti, tutti allontanati dalla mia tavola! Mi son tenuto solo un servo nero, la mia scimmietta e un fedele pappagallo”.
Arriviamo così alla sua dipartita…
” Ho cantato ovunque, da Napoli a Parigi, nulla è mancato nella mia esistenza e tutto ciò che volevo me lo son preso senza esitare, ma poi il tempo è passato inesorabile, i tempi si son modernizzati. Noi eunuchi, eroici pionieri del bel canto, siamo stati sostituiti dalla controparte femminile e siamo rimasti con un paio di… No, nemmeno quelle! Come in tutti gli spettacoli, mia cara, si chiude il sipario. Sono morto in solitudine, a Siena, ma l’applauso che seguì la fine della mia esibizione, risuona ancora oggi, perpetuo”.
Arianna Falchi
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