La mostra “Siena: the rise of painting” al Met di New York è un successo: il mondo ci vede come noi non ci vediamo più

Che Siena, al di fuori di Siena, sia percepita come una perla di rara bellezza, si capisce anche dall’accoglienza che viene fatta al Metropolitan Museum of Art di New York. E non solo per il manifesto riservato alla mostra “Siena: the rise of painting, 1300-1350” che occupa l’intera facciata laterale del Met e accoglie gli 11mila visitatori al giorno di uno dei più famosi musei del mondo ma anche per le belle parole che il personale del Met rivolge quando scopre che, oltre ad essere italiani, i visitatori vengono proprio da Siena. E se questo non bastasse, le dodici sezioni in cui è suddivisa la mostra – oltre cento opere dei nostri grandi maestri, oltre ai temi dei viaggi, della geografia, che raccontano il mondo prima dell’America, il mondo in cui Siena era crocevia fondamentale per l’arte, la politica, l’economia – sono letteralmente gremite di un pubblico attento e affascinato.

Ci si sofferma ad osservare l’emozione di chi guarda la Madonna del Latte di Ambrogio Lorenzetti con grande stupore, o quelli che a lungo si soffermano sui dettagli dell’oro di Duccio, sulle predelle della Maestà, sui colori di Simone Martini che esplodono nel polittico Orsini. E ancora, l’attenzione viene catturata dalle due sinopie dell’affresco dell’Annunciazione, provenienti dall’Eremo di San Galgano a Montesiepi, nei pressi dei ruderi della celebre Abbazia. L’arte e il territorio nella quale è stata concepita, capolavoro del tempo e delle menti fulgide della scuola Senese, sono un magnete irresistibile per le migliaia di visitatori che hanno conosciuto la grandezza di Siena attraverso questa mostra, che l’hanno amata o che sono tornati a vederla a New York, dopo essere già stati nel nostro territorio. Un’età d’oro che incanta un pubblico di tutto il mondo e di età diverse.

E siamo compiaciuti di tanta attenzione, pensando nel contempo, non senza amarezza, che la splendida mostra dedicata ad Ambrogio Lorenzetti nel 2017, al Santa Maria della Scala, non registrò altrettanta curiosità. Eppure fu davvero ben organizzata ed era – verosimilmente come avrebbe dovuto essere oggi – una sorta di filo che univa l’intera città, per le opere del maestro senese. Organizzare una mostra di tale portata ha costi esagerati, basti pensare alle assicurazioni ma forse pensare – pensare, non buttare là – un percorso espositivo artistico che attraversi l’intero territorio, dalla città alla provincia, lasciando le opere dove sono, potrebbe essere un modo per riportare ancora attenzione su capolavori che il mondo ci invidia e sui luoghi che li ospitano.

Chissà, forse la grande mostra ospitata al Met fino alla fine di gennaio – poi si sposterà alla National Gallery di Londra, dove sarà visitabile dall’8 marzo al 22 giugno 2025 – potrebbe aver riacceso l’interesse anche in quanti danno per scontato un patrimonio simile. A questo proposito, vale la pena visitare anche  “Costellazioni” al Santa Maria della Scala, mostra che ospita tutt’altro periodo storico – il Novecento – e tutt’altri capolavori, quelli delle collezioni Monte dei Paschi e di Cesare Brandi. Ci sono tante occasioni per piantare quei semi fondamentali per il futuro della città, cominciamo da qui. E soprattutto, impariamo a comunicare ciò che siamo. Il mondo ci vede come noi non ci vediamo più, torniamo a guardarci e a conoscere chi siamo.

Katiuscia Vaselli