Intervista a Veronica Lucchesi de La Rappresentante di Lista. Il progetto elettropop tosco-siciliano inaugurerà domani la stagione 2018 di Rinnòvati Rinnovati
Quando la canzone d’autore incontra la musica classica (o “colta” come si dice oggi) è sempre rischioso. C’è il pericolo dello squilibrio, dello snaturamento. La Rappresentante di Lista, il progetto musicale di
Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, con l’album dal vivo e il tour “Bu Bu Suite” si è lanciata nell’impresa, forte di due dischi alle spalle, “(per la) Via di casa” e “Bu Bu Sad”, che l’hanno messa al centro del panorama alternativo italiano. Come compagno di strada, c’è Francesco Leineri, un compositore palermitano che da anni vive a Roma e i cui lavori sono stati eseguiti in Europa, Stati Uniti, India e Sud America.
Domani alle 21.15, i La Rappresentante di Lista, con l’aiuto dell’Orchestra Senzaspine, porteranno il loro “azzardo” sul palco del Teatro dei Rinnovati, nello spettacolo a metà con la reginetta dell’indie italiano Maria Antonietta. L’evento è il primo del cartellone 2018 di Rinnòvati Rinnovati, la serie di concerti organizzata dall’Università degli Studi di Siena, con la supervisione artistica dell’associazione The BSide, in collaborazione con il Comune di Siena e il contributo di Banca MPS.
Veronica Lucchesi che, oltre a essere la voce de La rappresentante di Lista, è un’attrice, conosce bene il palco teatrale, il fascino che emana e i pericoli che gli sono propri.
Domani sarete sul palco del Teatro dei Rozzi. La dimensione teatrale, però, non è una novità per voi, vista anche la sua esperienza da attrice. Come si vive il pop-rock a teatro?
«Non ci è capitato molto spesso di andare a eseguire i nostri concerti in quel luogo sacro che è il teatro. Sicuramente, all’interno di esso, è molto più forte e visibile la presenza di due luoghi differenti e distanti. Il palcoscenico teatrale ti permette di vedere quella linea sottile che divide chi sta eseguendo da chi è lì per ascoltare. In teatro si parla di “quarta parete”. Quella lieve distanza, aiuta a far arrivare determinate cose con una forza differente rispetto all’essere, diciamo, sullo stesso piano. Questo, secondo me, crea una piccola magia».
L’approccio della band a un palco da concerto o alla scena teatrale è il medesimo?
«Si utilizzano, in tutti i sensi, strumenti differenti. Per questa occasione, ci siamo affiancati a Francesco Leineri, che è il compositore che ha riscritto i brani dei nostri due dischi, “(per la) Via di casa” e “Bu Bu Sad”. Questo lavoro di riscrittura, è un’operazione che non avremmo potuto fare da soli. E’ come se venisse masticato un lessico completamente diverso. C’è la necessità, quindi, di vedere quella musica esatta, come è quella scritta su una partitura, e di saperla gestire. E’ richiesto, inoltre, che i musicisti che ricevono le partiture, riescano a entrare nella musica. Non è la stessa cosa rispetto a quando siamo noi da soli, che sentiamo nostre le canzoni e che abbiamo un grande affiatamento. In teatro, l’energia è più controllata e c’è più attenzione in fase di preparazione».
Nella vostra musica si sente da una parte l’attenzione all’elettronica, dall’altra un certo gusto per la melodia. Perché questa ambivalenza?
« Cambiano i mezzi, i suoni, c’è l’elettronica o apparecchi che simulano gli strumenti acustici. Tutto questo è utile per creare mondi diversi, affini magari ai testi che hai scritto. Certo, poi resta sempre il fascino dell’uomo che suona dal vivo. Esistono, però, i nuovi suoni e la sperimentazione e andare verso nuove strade fa piacere. Dall’altra parte, resta il fatto che siamo molto legati alla canzone d’autore e a quella tradizionale. Oltre a questo, nella musica che proponiamo c’è un determinato uso della voce che ci avvicina a una certa teatralità. E’ divertente accostare tutto questo a suoni bizzarri o elettronici. E’ una giusta commistione che fa parte della nostra ricerca personale».
Nella fase di composizione, un artista deve farsi influenzare dall’esterno o deve farlo vivendo idealmente in una campana di vetro?
«Ognuno ha il proprio metodo, non c’è una regola unica. Un artista che ha composto rinchiuso in una campana di vetro, rischia di rimanere deluso al momento del confronto. A me piace seguire quello che mi accade intorno e capire come cambia il gusto mio e quello della gente. Può essere utile anche per decidere in quale direzione non andare».
Venerdì dividerete lo spettacolo con Maria Antonietta. Avete mai collaborato assieme?
«No, in realtà ci siamo incontrati solo una volta».
A Siena siete mai stati?
«Io ci sono stata in gita da piccola. Sono tantissimi anni che non ci torno. Credo che anche gli altri ragazzi del gruppo ci siano stati una volta sola. Sarà molto divertente ritornare».
Cosa farete nel 2018?
«Faremo uscire il nostro terzo disco, di cui non posso rivelare ancora il titolo. Lo abbiamo iniziato a scrivere l’anno scorso e lo finiremo questa primavera. Rispetto all’altre volte, è un processo un po’ più lungo. “Bu Bu Sad” da quando è uscito nel 2015 ha avuto un percorso particolare, come se fosse arrivato al pubblico l’anno successivo. Per questo, gli abbiamo voluto regalare un’attenzione speciale».
Emilio Mariotti