C’è una stanza segreta, nel Duomo, dove si conserva la reliquia del braccio destro di San Giovanni Battista. E’ una stanza piccola, semplice, adornata da un soffitto affrescato, con un pavimento di maioliche antiche, gli stemmi dei Piccolomini e, oggi, adornata da un’icona bizantina. La reliquia è conservata dentro un cassone blindato del ‘400 (che troviamo già attestato negli atti ufficiali del Bolgano) e si trova all’interno di un prezioso reliquiario seicentesco (l’originale è conservato nel Museo dell’Opera del Duomo).
All’interno del cassone, inviolabile, c’è una pergamena posta in un cilindro di piombo e quell’antica scrittura narra la storia della reliquia e questa narrazione viene direttamente dalle parole del Cardinal Bessarione, uno dei grandi protagonisti del contesto politico nel quale la requia fu donata alla città di Siena per farsi, la Repubblica di Siena, promotrice della crociata per liberare la Grecia dai turchi. Il cassone si apre ancora tramite due serrature: una chiave è conservata dal Comune di Siena (effettivo proprietario della reliquia), l’altra è conservata dal Capitolo Metropolitano. Il braccio di San Giovanni si espone ogni anno alla pubblica venerazione dal 21 al 24 giugno, giorni in cui si festeggia la natività del Battista (l’unico nel santorale, insieme alla Vergine Maria e a Gesù, logicamente, del quale si festeggia il giorno della nascita e non solo quello della morte, nascita al cielo). La reliquia venne donata nel 1464 da Pio II, Enea Silvio Piccolomini, alla città di Siena, appunto, e non alla Cattedrale. Era appartenuta all’ultimo discendete della famiglia imperiale di Costantinopoli, Tommaso Paleologo (fratello dell’ultimo imperatore Costantino XI), in cambio della promessa di un aiuto nella riconquista del territorio preso dagli Ottomani (Costantinopoli cade il 29 maggio 1453).
Siamo nel maggio del 1464 (Pio II morirà in agosto) e il braccio di San Giovanni arriva a Siena come donazione che, in questi casi, presuppone dietro un grande lavoro diplomatico ed una “lauta” ricompensa da parte del Comune (ecco il motivo per cui appartiene alla città). L’intermediario di questa operazione che è politica, forse, prima di essere religiosa, è proprio Bessarione (prima ortodosso, bizantino, poi passato al cattolicesimo e divenuto cardinale). Pio II sposa l’idea di riconquista dell’ultimo Paleologo (non più imperatore) anche perché, da fine umanista qual era, amava la cultura greca e latina, oltre al dolore per la perdita dell’impero romano d’Oriente, e cerca così di riunire tutti i potentati d’Europa per dare vita ad una spedizione militare che liberi almeno la Grecia dall’oppressione turca e Pio II prova a farli aderire all’impresa anche donando loro molti tesori provenienti dall’Oriente: così, a Siena, giunge il braccio del Battista.
Per conservare la reliquia nel 1482 l’allora rettore dell’Opera del Duomo, Alberto Aringhieri, fa costruire una cappella bellissima. In questo giorno, racconta Girolamo Gigli nel suo Diario, si fa “festa alla Cappella dedicata al Santo nella Metropolitana d’architettura di Baldassarre da Siena, dove si custodisce il braccio destro del medesimo Santo (…)Celebrano quivi le loro funzioni i Cavalieri Gerosolimitani, dei quali in Siena è stata sempre una numerosa assemblea, pregiandosi la Città di contar tante Croci di S. Giovanni quante ogni altra più popolata d’Italia: atteso il purgantissimo fiore di Nobiltà, che presso i Sanesi con tanto studio si coltivò in tutti i tempi, e si coltiva, ed il generoso antico desiderio che la Senese Nobiltà ha sempre nutrito di combattere per la Fede contro Gl’Infedeli (…). Conta Siena (…) 32 Croci di San Giovanni”. Tuttavia, ancora oggi, la reliquia viene conservata durante l’anno in quella stanza, scrigno segreto, uno dei tanti, nascosti all’interno della nostra splendida Cattedrale. Ah, nessuno ha fatto prove del dna per sapere se è il “vero” braccio di San Giovanni, c’è chi dice che sparsi nel mondo ce ne sono quanti i tentacoli di un polpo. Noi non ne abbiamo notizia, ma quello senese, se potete, oggi andate ad ammirarlo in Duomo. Per noi, da secoli, è quello “vero” e, comunque, è quello che ha segnato molta parte di storia dall’Oriente all’Occidente.
Maura Martellucci
Roberto Cresti