Cultura

La storia dell’umanità in quattro stagioni: Stefano Ricci torna con il suo spettacolo al museo archeologico di Monteriggioni

Spesso, la musica è il più semplice mezzo di espressione, che consente a tutti di capire ed intendere anche i più importanti passi della vita. Non importa quale sia il messaggio, ma la musica riesce sempre ad unire tutti ed è proprio quello che ha fatto Stefano Ricci, antropologo dell’università di Siena, con il suo spettacolo “Le quattro stagioni della storia dell’uomo”, che dopo il successo riscosso nella prima uscita ad ottobre, tornerà il 13 gennaio al museo archeologico di Monteriggioni. Ad accompagnare l’evento, infatti, sono proprio le quattro stagioni di Antonio Vivaldi del 1723, i primi quattro concerti solistici per violino dell’opera “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione”. Ogni stagione rappresenta metaforicamente, ma anche realisticamente, un passo della storia umana, che sarà poi spiegato, anche maniera piuttosto diretta e senza filtri da Stefano Ricci.

“È un’idea nata dall’ultimo Bright Night dell’università, insieme al professor Marco Valenti – commenta Stefano Ricci -. Il tema dell’ultima Notte dei ricercatori, infatti, era proprio incentrato sull’essere umano e nelle varie conferenze che abbiamo fatto, c’era sempre un accompagnamento musicale durante gli intervalli. Da lì, dopo che con il professor Valenti abbiamo allestito il museo archeologico di Monteriggioni, l’idea si è concretizzata velocemente ed è nato questo spettacolo ad ottobre, che non pensavamo potesse avere un successo tanto grande da doverlo riproporre”.

È un percorso di riflessione, con il sottofondo della grande musica classica del Settecento, che ci porta alla conoscenza delle scoperte che hanno cambiato la nostra storia, sia in positivo che in negativo.

“La musica classica non sempre si presta ad eventi del genere – spiega Ricci -, ma abbiamo avuto la fortuna di conoscere il giovanissimo quartetto degli Eartshire, che ha creduto da subito nel progetto, uscendo anche dalle convenzioni dei saloni tradizionali che la musica classica impone. Si parte con la primavera, il momento forse tra i più significativi, in cui l’uomo ha acquisito la statura bipede. Il secondo passaggio è l’estate, forse il periodo top della nostra specie, quando i primi Sapiens arrivarono in Europa. L’autunno invece, rappresenta un cambiamento epocale: la rivoluzione agricola, che permise all’uomo di conoscere la sedentarietà, che ritengo sia stato il più grande male della nostra era. L’inverno rappresenta i nostri tempi, quelli più bui, che ci stanno portando ad un’autodistruzione”.

Nonostante i tempi bui però, lo spettacolo termina con un messaggio di positività, con la speranza che una nuova primavera sia finalmente alle porte e che possa cambiare nuovamente la nostra storia.

Pietro Federici

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