Nei secoli il Palio, in continua evoluzione e mai uguale a se stesso (questo è il segreto del suo attraversare il tempo), ha subito numerosi cambiamenti. Sono stati sempre cambiamenti, quelli che hanno resistito, di adeguamento a mutate situazioni sociali, cittadine, di costume.
Ma i cambiamenti che hanno toccato l’essenza di un rito (religioso e civile, profano e sacro al contempo) nel quale i senesi si identificano hanno avuto vita breve. Anche ad onta di leggi e dettami che venivano dall’alto di coloro che, in quel tempo, erano al governo.
Alla fine del 1749 l’imperatore Francesco II di Lorena, granduca di Toscana, stabilisce che, nell’intero Stato, sarebbe entrato in vigore un nuovo calendario in base al quale si sarebbe calcolato l’anno a partire dal 1° gennaio.
Fu questa una vera e propria rivoluzione anche per la storia paliesca perché il nuovo computo dei giorni portò con sé la decisione di abolire, se cadevano durante la settimana, tutte “le ferie e gironi feriati, ancorché statutari, votivi e di consuetudine”.
La Signoria che governava la città di Siena era tenuta a seguire un cerimoniale molto rigoroso, doveva risiedere esclusivamente a Palazzo Pubblico dal quale poteva uscire esclusivamente per celebrazioni e festività particolari. Di conseguenza, alla luce delle nuove disposizioni granducali, avrebbero potuto mettere “il naso fuori da Palazzo” solo nei giorni festivi e questo avrebbe avuto valore per ogni ricorrenza, comprese le feste religiose e “l’uscita a Provenzano per il dì 2 luglio”.
Stando a questo non avrebbe certo potuto assistere alla corsa del Palio per cui nel giugno 1750 “fu dalla Balia determinato che anco la festa della Visitazione di Maria Santissima, che si celebra nella chiesa di Provensano, fusse come tutte l’altre trasferita alla domenica dell’ottava, che v’intervenisse la Signoria, e che si corresse nella Piazza il premio colle Contrade”.
Il provvedimento, di fatto, durò pochi anni e venne abolito nel 1759, quando si tornò a correre il 2 luglio (era lunedì), dato che, “in quest’anno con rescritto del sovrano fu ritornata per sempre la festa nel giorno proprio della Visitazione”, come annota puntualmente Pecci nel “Giornale Sanese”.
Talvolta, sia durante ‘800 che all’inizio del ‘900 (l’ultima volta è accaduto nel luglio del 1910 quando la Carriera venne disputata il 3), sembra che quando il 2 luglio cadeva di venerdì o di sabato (ma valeva anche per il 16 agosto) si preferisse spostare il Palio alla domenica. Questo tipo di decisioni non è mai stato regolamentato e, dal luglio del 1910, non si è più verificato mantenendo le date del 2 e del 16 come punto fermo di un rito (e di una storia) che, con tali date, scandisce la vita di una città e dei suoi abitanti.
Roberto Cresti
Maura Martellucci