Un interprete intelligente della Toscana e della toscanità. Questo è stato l’attore, ma anche regista e produttore, Francesco Nuti, scomparso prematuramente nel giugno scorso. E ora la Toscana lo celebra, intitolandogli un teatro nella sua Prato, la città dove era cresciuto e si era formato. Non un teatro a caso, ma quello delle Manifatture digitali cinema, fiore all’occhiello di Toscana film commission per la produzione, la sperimentazione e la formazione cinematografica e audiovisiva. A scoprire la targa, oggi, nello stabilimento di via Santa Caterina, anche il presidente della Regione Eugenio Giani, insieme al sindaco di Prato Matteo Biffoni, all’assessore alla Cultura Simone Mangani, al presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo e alla direttrice di Toscana Film Commission e responsabile dell’Area Cinema di Fondazione sistema Toscana Stefania Ippoliti, al presidente di Fondazione sistema Toscana Iacopo Di Passio. Presente anche la famiglia dell’artista con la figlia Ginevra e il fratello Giovanni. A presentare l’evento e moderare gli interventi, il giornalista e critico cinematografico Federico Berti.
“Francesco Nuti – ha detto il presidente Giani – ha rappresentato l’identità di noi toscani in un momento di trasformazione del cinema italiano. È stato il caposcuola di una serie di film indimenticabili, che hanno portato nella cultura popolare e nella battuta quotidiana le nostre caratteristiche, il nostro modo di essere. La cultura cinematografica toscana vede in Francesco Nuti un riferimento assoluto. Perciò il fatto di poter intitolare a lui questo ambiente è una scelta molto bella, che la Regione Toscana condivide e di cui è partecipe, in quanto soggetto a cui risponde la struttura. Uno spazio che vuole essere un luogo d’avanguardia per la promozione del cinema e che da oggi porterà il nome di Francesco Nuti: un simbolo dell’attenzione verso un cinema che ha saputo essere innovazione e mettere insieme un respiro nazionale e internazionale con le caratteristiche della toscanità. Come direbbe un altro grande pratese, Curzio Malaparte, questi “maledetti toscani” danno un segno forte”.
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