Le stanze dell’Archivio di Stato di Siena sono esse stesse storia, fonte documentale. Basta solo passeggiarvi per percepire l’importanza e l’ambizione della famiglia Piccolomini, una delle più significative per le vicende senesi, che costruì il palazzo in cui sono ospitate. C’è poi quello che vi è contenuto in queste stanze: pergamene, biccherne, documenti del Santa Maria della Scala, fino ad arrivare ai fascicoli appena dismessi della Questura. Perché l’Archivio di Stato è un corpo vivo, un raccolta di patrimonio che cresce, si sviluppa e muta di anno in anno. A ogni visita ci potrebbe essere un segreto nuovo da scoprire. In occasione delle Giornate europee del Patrimonio di domani e domenica, il direttore Maria Raffaella de Gramatica, che abbiamo intervistato, aprirà le porte in via straordinaria dell’Archivio.
Direttore, cosa sono le Giornate europee del Patrimonio e quali saranno le iniziative dell’Archivio di Stato di Siena?
«Le Giornate europee del Patrimonio nascono dalla convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale sulla società, firmata a Faro in Portogallo nel 2005. Via via gli stati membri hanno aderito a questo protocollo. Da qui discende l’idea di dedicare due giornate al patrimonio culturale, come eredità materiale e immateriale per la popolazione che si tramanda.
L’Archivio di Stato di Siena, che è un ufficio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, aderisce come sempre a questo tipo di manifestazioni. Al contrario degli anni passati questa volta non c’è un tema specifico da seguire».
Avete scelto di mettere in risalto certo materiale oppure no?
«No, la particolarità che ci riguarda è che noi normalmente non siamo aperti il sabato e la domenica, per mancanza di personale. Già poter vedere il Museo delle Biccherne e la Mostra documentaria in questi due giorni è un fatto eccezionale. L’intenzione è anche quella di mettere in risalto il palazzo (Palazzo Piccolomini, ndr) dove sono in nostri spazi, che è uno dei più belli della città. Fu costruito alla fine del ‘400 da due nipoti di papa Pio II ed è l’edificio in stile rinascimentale più importante a Siena. Questo palazzo è parte integrante del patrimonio dell’Archivio di Stato».
Quando nasce l’Archivio?
«Nel 1858 abbiamo l’atto di fondazione, ancora in periodo granducale. Siamo quindi uno degli archivi più vecchi. Il concetto della conservazione da parte dello Stato di varie raccolte di documenti prodotti da differenti amministrazioni non è stato immediato. In precedenza ogni istituzione conservava i propri. L’esigenza di raccoglierli tutti per metterli a disposizione dell’utenza nasce nell’Ottocento, il cosiddetto secolo della Storia. Prima questi documenti erano a disposizione solo della curiosità degli eruditi».
L’Archivio raccoglie anche materiale contemporaneo?
«Il nostro compito è il recupero, a livello provinciale, della documentazione “esaurita”, non più corrente, prodotta dagli uffici periferici dello Stato presenti sul territorio. Ultimamente, per esempio, abbiamo sistemato l’archivio della Questura. Per questi uffici periferici è un obbligo il versamento dei documenti a noi. Non tutti i fascicoli sono uguali, perché alcuni contengono materiale sensibile e privato. Per questo devono esservi omessi i nomi delle persone coinvolte».
Qual è il tesoro nascosto dell’Archivio di Stato che conoscono in pochi?
«Abbiamo uno straordinario patrimonio di pergamene, specialmente di origine conventizia. Molte di queste sono state prodotte prima dell’anno mille».
E il documento più antico conservato in Archivio qual è?
«E’ del 740 d.C., riguarda la vendita di un convento ad Abbadia San Salvatore».
Cosa vorrebbe che venisse fuori da queste Giornate europee del Patrimonio?
«Mi piacerebbe che anche gli italiani scoprissero, come già hanno fatto gli stranieri, questi luoghi e questi tesori. Sono loro, noi, gli eredi di tutto questo patrimonio».
Emilio Mariotti
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