Nel corso dei secoli tre compagnie laicali hanno trovato ospitalità nei sotterranei dell’ospedale di Santa Maria della Scala, tutte gravitanti intorno al cimitero e al chiasso di Sant’Ansano, oggi meglio noto come la “strada interna”.
Tra queste la prima ad insediarvisi fu la confraternita dei Disciplinati di Maria Santissima, dal 1785 divenuta Società di Esecutori di Pie Disposizioni. Questa nacque dalla fusione di tre diversi nuclei di confratelli avvenuta intorno alla metà del XIV secolo: i raccomandati di Gesù Crocifisso, che si radunavano presso la chiesa di San Niccolò in Sasso, la confraternita della Madonna sotto il Duomo e quella dei disciplinati di N.S. Gesù Cristo che già si trovava sotto le volte dell’ospedale. Una lettera di Santa Caterina loda l’avvenuta fusione e lo stabilirsi della nuova compagnia nella sede dei Disciplinati, ossia per l’appunto presso il Santa Maria della Scala.
Sin dal 1363 un decreto della Repubblica concesse ai Disciplinati di accettare qualunque tipo di eredità, elemento che ha contribuito nei secoli all’accrescimento del loro patrimonio. Tra i lasciti più cospicui ed interessanti, vanno senz’altro annoverati quello dei fratelli Giulio e Deifebo Mancini nella prima metà del Seicento, che prevedeva alunnati per studi in giurisprudenza, economia e medicina, e quello di Marcello Biringucci, con borse di studio riservate ai senesi che intendevano perfezionare fuori della città i propri studi in legge, medicina, chirurgia, pittura e scultura. Entrambi furono estesi anche ad architettura e ingegneria con atto del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo datato 17 giugno 1783.
Appena due anni dopo una delibera granducale del 14 aprile 1785 ridimensionò le funzioni della confraternita, avendola inclusa tra quelle soppresse e riformandola come Società di Esecutori di Pie Disposizioni dedita ad opere di pietà. Spariva così l’elemento religioso del sodalizio, che tuttavia fu ripristinato quasi subito da Ferdinando III (1792). Nell’Ottocento la Società si dotò di un nuovo regolamento, continuando a ricevere altri importanti lasciti come quelli Gori Feroni e Camaiori. Finché tra il 1911 e il 1915 non ha abbandonato la sede sotto le volte dell’ospedale, per trasferirsi nei locali del soppresso monastero del Santuccio in via Roma.
La più nota tra le compagnie laicali ospitate dall’istituto ospedaliero, invece, è senz’altro quella di Santa Caterina della notte. Sin dal Trecento una compagnia dedicata a San Michele arcangelo pagava un affitto all’ospedale per l’occupazione di locali presso il cosiddetto carnaio, essendo dedita anch’essa alla pietà dei defunti. Secondo una consolidata tradizione questa assunse l’attuale denominazione nel Quattrocento (senz’altro era già detta di Santa Caterina della notte nel 1479) per le frequenti soste e per le molte “nottate” che la Santa senese avrebbe passato là dentro.
Insediatisi per secoli nel solo spazio occupato dall’odierno oratorio, nel 1607 i caterinati ottennero dall’ospedale prima un locale adiacente verso il chiasso ripido delle Balie (oggi vicolo di San Girolamo) nel quale collocarono la sagrestia, e poi un altro tangente all’oratorio. In conseguenza di questa maggiore disponibilità di spazi, la compagnia fece decorare la chiesa con quattro tele raffiguranti scene della vita di Santa Caterina, commissionate a pittori come Rutilio Manetti e Francesco Rustici, oggi purtroppo perdute.
Invece l’angusto stanzino che si apre sul lato sinistro dell’oratorio di Santa Caterina, dove avrebbe trovato un po’ di riposo la Benincasa, non trova menzione prima dell’anno 1700, anche perché sarebbe stato scoperto proprio nella notte di San Silvestro di quell’anno da Girolamo Macchi, come lui stesso ricorda enfaticamente e in più punti delle sue “Memorie”. Allora il piccolo vano era murato e una volta riaperto si affacciò su una scala della Compagnia della beata Vergine, che vi depose la propria insegna, la croce nodosa. Trasferita quest’ultima ad altro locale, nel 1761 la stanzetta fu assegnata alla compagnia di Santa Caterina della Notte, che vi fece adagiare la statua in terracotta della Santa, proprio a memoria di quello che sarebbe stato il suo antico giaciglio.
Meno nota è la terza compagnia ospitata nei fondi dell’ospedale, quella di San Girolamo, se non fosse per il fatto che essa presta il nome al suggestivo vicolo che dalla piazzetta della Selva risale fino a via dei Fusari.
L’11 marzo 1443 l’ospedale concedeva un “certo luogo a lato a le sepolture che si chiama la prigione dei frati” ad un compagnia intitolata ai SS. Girolamo e Francesco, nella persona del padre guardiano dell’Osservanza. Questa era sorta qualche anno prima dal sodalizio di nobili persone pie, alcune appartenenti alla congrega di San Gherardo, i cui capitoli, secondo la tradizione, sarebbero stati dettati da San Bernardino.
Il locale in questione si affacciava nel tratto del chiasso di Sant’Ansano corrispondente all’ex cappella mortuaria dell’ospedale. Nel 1475 l’ente concedeva ai confratelli anche un locale attiguo, l’antica cappella del cimitero, oggi scialbata ma all’epoca, secondo le testimonianze di Fabio Chigi, ricoperta da affreschi di Ambrogio Lorenzetti. Da questo vano essi avrebbero aperto una porta affacciata sul chiasso ripido delle Balie, ancora visibile seppur murata, vicolo che proprio per questa ragione è stato poi denominato di San Girolamo. Dopo la soppressione del 1785 i confratelli di San Girolamo confluirono nella compagnia di Santa Caterina della notte, mentre i locali vennero destinati a ricovero dei lebbrosi.
Maura Martellucci
Roberto Cresti
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