L’Ospedale del Medioevo era qualcosa di diverso rispetto al concetto nosocomiale che abbiamo oggi. Potremmo dire che si trattava più di enti di ricovero e di ospitalità, di distribuzione elemosiniera e di accudimento, nonché centri medici veri e propri. Le fonti medievali infatti usano termini diversi per identificare questi centri come, Hospitale/is, Hospitium, Domus, Mansio, Xenodochium, Brephotrophium etc. etc. e, vista la notevole diffusione nelle città e, comunque, sul tragitto che portava dalla Francia verso Roma, doveva trattarsi di un grosso affare. Proviamo ad immaginare il più grande di Siena, quello della cittadella vescovile dove vi erano una canonica, il palazzo, un chiostro, un cimitero, un refettorio ed un ospedale che, nel suo sviluppo a partire dalla seconda metà del XI secolo, parve, nemmeno un secolo dopo, troppo piccolo e venne spostato nella posizione attuale. Il nuovo edificio fu formato inizialmente da una grande sala rettangolare in pietra, il primo “Pellegrinaio” ed i lavori non si fermarono lì: alla fine del Duecento si costruiscono nuovi ambienti destinati all’assistenza e sono gli spazi attualmente delimitati dalle corsie di S. Ansano e San Galgano, identificati come il “secondo Pellegrinaio” in ordine temporale. Successivamente fu costruito il “Pellegrinaio degli Uomini” a partire dal 1328 e nel 1379, addivenne l’avvio dell’edificazione del definitivo Pellegrinaio nuovo.
I lavori vennero inseriti in un allargamento complessivo che inglobò un quartiere intero posto nella parte meridionale del colle, denominato Vallepiatta di Sopra. Di questo quartiere venne inglobato anche il sistema viario che rimase compreso all’interno della struttura del grande Ospedale (la “strada interna” già conosciuta come “chiassetto di S.Ansano”). Nel 2005 venne condotta un’indagine archeologica dal prof. Marco Valenti che rilevò come le corsie fossero, in origine, un unico grande ambiente diviso in tre arcate di mattoni, costruite su abitazioni preesistenti databili alla metà del XIII secolo e poste sulla strada interna all’ospedale. Le abitazioni, in laterizi, si sviluppavano su due livelli ed erano dotate di ballatoi in legno fontali al fosso di S. Ansano. In origine i palazzi dovevano avere anche un terzo livello, che, però venne abbattuto per far posto alle nuove stanze dell’ospedale. Negli ultimi decenni del trecentole arcate del Secondo Pellegrinaio furono tamponate, generando così due locali distinti, dedicati alla conservazione di arredi, cibi e suppellettili, i “guardarobba” attestati dagli scritti. Vi furono trovati numerosi resti di noci, nocciole, castagne, semi di zucca, vinaccioli, noccioli di pesca, susina ed olivo, frammenti di legno, di pelle, di carboni, di ossa, ma, soprattutto, un plico contenente 12 fogli di carta (di questi 11 recano intestata la data 1380, mentre uno sembra essere redatto intorno al 1270-1280) e due frammenti di un codice pergamenaceo del Trecento contenente brani del canto XXXI dell’Inferno di Dante. Insomma un vero e proprio tesoro assommato alle immagini di come potesse funzionare questa struttura, che aveva una strada dedicata di accesso che proveniva da una delle Due Porte e che lo riforniva di merci, di farine e di vivande provenienti dalle grandi aziende agricole di proprietà dell’ente, dalle grandi grance di Cuna e di Vergelle, con degli speziali e dei frati che dovevano contabilizzare e gestire le merci e le persone accolte.
Le indagini archeologiche del 2005 potevano anche essere messe in evidenza con la creazione di una pavimentazione in vetro, ma non fu ritenuto un intervento equilibrato, in quel frangente. Chissà se oggi no si possa ripensare ad un intervento migliorativo ed espositivo della ricerca. Abbiamo un patrimonio sconosciuto ai più. Chi è preposto alla sua custodia dovrebbe provvedere a renderlo pubblico valorizzandolo. Quante storie potremmo raccontare, grandi e piccole, ma tutte straordinarie.
Luca Virgili
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