Secondo me è utile al giorno d’oggi formulare delle riflessioni intorno ai passaggi dello sviluppo economico (e, conseguenzialmente, giuridico e politico) della città a partire dal periodo post franco (900 – 1100). Ci sono sicuramente degli avvenimenti che la rendono simile strutturalmente ad altre città del periodo- Genova? S. Gimignano? Con il Vescovo che gestisce la città prima e poi il governo di Consoli di estrazione aristocratica. Da una iniziale presenza di alcuni nobili nella gestione comandata della città dall’autorità regia o imperiale, scaturisce il concetto di costruzione di un’economia di sfruttamento del territorio, che genera un surplus di produzione, esattamente come nei vasti fondi imperiali europei. Nel ricostruire le città si cerca di riprodurre strutture difensive simili ai castra che diventano parti fisiche delle nuove città.
A Siena si passa quindi dagli Ugurgieri e Ardengheschi, ad esempio, alcuni dei nobili di stirpe franca con tanto di patrimonio assegnatoli o acquisito anche all’esterno del territorio urbano, ai Maconi, Cerretani, Bandinelli, e poi Salvani e Piccolomini, famiglie passando dal semplice sfruttamento del primitivo ruolo per produrre ricchezza e capitale dominando da prima la campagna e poi, in seguito, ampliando il loro raggio di azione, alle attività commerciali a più ampio raggio.
Con il primo sviluppo fisico della città (Siena) e delle città del centro nord Italia, gli abitanti si moltiplicano ed anche i commerci, che sono sempre stati presenti, migliorano, esplorando i territori europei. Essi producono guadagni, avviano l’idea del reinvestimento e portano nuove forze ai nuovi cittadini, ormai più ricchi dei loro predecessori, a richiedere tutele maggiori, financo la presenza fisica nei governi.
I Consoli vengono cacciati più o meno nello stesso periodo in tutte le città e vengono espressi statuti che iniziano a sancire organizzazioni amministrative con rappresentanze allargate alle nuove borghesie. Le città diventano sempre più appetibili per tanti nuovi cittadini che vi trovano un mondo denso di possibilità.
Questo concetto vale anche per le élite che, velocemente, si adeguano ai nuovi commerci che imparano dalle borghesie rampanti, come a Siena i Tolomei, Salimbeni, Angiolieri e Buonsignori, che da fine XII secolo (circa) diventano nuovi imprenditori che si occupano non solo di mercati, ma anche di finanza. Facevano spesso anche collaborazioni, quando non società, con altri mercanti che potevano non essere prettamente senesi. Anzi spesse volte i soci erano proprio fiorentini. E’ chiaro che la visione politica (e di commercio) poteva essere conflittuale sia internamente alle città, espressa con grandi scontri fra le varie consorterie, sia esternamente, mediante le scelte propriamente belliche. Poteva essere inserita in scommesse più vaste che vedevano la partecipazione di questi gruppi di mercanti-imprenditori, proto capitalisti, in conflitti generati dalle grandi istituzioni, Il Papato e l’Impero.
Siena in particolare vive entrambe le posizioni. Si pensi alla Gran Tavola dei Buonsignori, che si è arricchita con le finanze del papa (dopo lo sfruttamento delle saline maremmane) partecipando alla grande organizzazione del credito a livello europeo, ma che agisce in un panorama dove la città si sta alleando con l’Impero e si sviluppa entro una sorta di mercato comune che riguarda il nord Europa e le grandi fiere e il Mediterraneo.
Nella fase successiva, dei governi ‘popolari’ con i loro governi bimestrali, la Francia prevale, dopo che Luigi IX ha tentato, con il pretesto della crociata, di creare un ponte mercantile con il nord Africa ed i mercati legati all’oriente. A Siena un governo di alternanza partecipativa, ma completamente frutto della stessa espressione politica guelfa, coinciderà con gli interessi francesi. In questo lasso di tempo nelle Fiandre e in Toscana, ma soprattutto a Siena, ci sono numerose rivolte sociali, di cui noi ricordiamo solo quella di Barbicone, nel difficile periodo di crisi dell’egemonia guelfa.
Si allenta la connessione con l’Europa e la Grande Peste e i capitani di ventura si giovano dei grandi stravolgimenti economici e sociali in corso. Poi quando nel millequattrocento il potere imperiale ritrova forza e ritorna competitivo Siena lo riabbraccia. La città è tornata discretamente in forma dopo le difficoltà gestionali politiche ed economiche del secondo Trecento, sfruttando le grandi eredità concentratesi su pochi soggetti e superando la difficoltà di reperire maestranze dotate di capacità lavorative.
Questo momento provocò stravolgimenti amministrativi, generò nuovi gruppi di potere che si confronteranno fin dai primi decenni del secolo e che si troveranno a dover decidere di che morte morire nel secolo successivo. Le strutture finanziarie, con l’arrivo dei mercati marittimi, diventano ancora più ampie e la finanza locale scopre il mercato delle assicurazioni navali su cui scommettere.
I flussi di commercio nella città fanno diventare ricche famiglie di natura prettamente commerciale, come i Borghesi, i Petrucci, Landi, Bellanti, che sono esempi di questo processo. E quando arriva l’imperatore di turno o il re essi provano a farsi legittimare come cavalieri o nobili.
Le banche private continuano a operare fino alla fine del mille cinquecento. Dopo, c’è la grande storia del Monte dei Paschi di Siena ed un ritorno allo sfruttamento del territorio.
Amministrazione, iniziativa, governo; saper rialzarsi più forti dalle cadute, anche rovinose. Dove è finito lo spirito imprenditoriale e di politica per la propria città che ha contraddistinto i senesi per secoli?
Luca Virgili
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