E’ passato mezzo secolo da quando è morto, ma a Siena il nome di Ettore Fontani è ancora nella memoria di tutti, perfino in quella di chi non ha fatto in tempo a conoscerlo, perché ci sono persone che hanno talmente legato la loro storia a quella della nostra città da vivere in una dimensione a-temporale come parte integrante della vicenda dell’intera collettività.
Al “sor Ettore”, come veniva familiarmente chiamato quest’uomo che, nato dalla buona borghesia, appariva sempre e solo come un “popolano” (nel senso nobile del termine), la sua contrada, l’Oca, tributa un omaggio con un libro, un video e una mostra che saranno presentati il prossimo venerdì 16 dicembre.
Era nato nel 1880 e la sua vita di contradaiolo, di dirigente dell’Oca e di allevatore di cavalli si snoda attraverso una serie di decenni che lo vedono protagonista mentre il Palio cambia faccia.
Lui, che a cinque anni partecipa alla sua prima cena in contrada, fa in tempo a conoscere, da “assistente-mangino”nei decenni di fine Ottocento, un mondo delle contrade guardato con palese ostilità dalla borghesia liberale senese, in quanto serbatoio di “antiquati” controvalori che rallentavano il fulgido cammino di progresso della nuova Italia post-unitaria e continuavano a cementare una perversa liaison sociale e politica fra popolo e nobiltà. Sono i tempi in cui il potere politico cerca di disciplinare e “domesticare” il Palio, il quale deve difendere la sua esistenza (aboliamo il Palio! Tuonano a più riprese i borghesi cittadini) perfino nei confronti dello stesso Comune, espressione di quelle forze sociali e politiche che il Palio e le contrade li vedono come fumo negli occhi.
Ettore Fontani, al contrario, è espressione del cammino inverso: di famiglia benestante, dotato di una maturità presso il Liceo Classico cittadino e poi di una laurea in giurisprudenza, segue le orme familiari e dedica la sua vita alle due cose che più gli interessano e ama. L’Oca e i cavalli. Come ocaiolo riveste un ruolo di prestigio che, spesso, non ha nemmeno bisogno di ufficializzazione nelle cariche istituzionali della contrada , tanto è il carisma e il rispetto che incute. Capisce le potenzialità dei fantini, li lega a sé con quel rapporto che era fatto, al tempo stesso, di soldi, familiarità e onore. Il che non impediva ai fantini di comportarsi da marrani, sia ben chiaro, ma il bandolo del legame restava nelle mani dei dirigenti. E un fantino che cambiava giubbetto senza un accordo fra gentiluomini con chi lo aveva “rallevato” era, semplicemente, un mercenario traditore. Da questo punto di vista, peraltro, Ettore Fontani fa in tempo a vedere e vivere, negli ultimi anni della sua vita, la trasformazione genetica proprio della figura di fantino, quando, sulla scena, compaiono soggetti (il prototipo è Aceto) che non ci stanno più a calarsi nella parte dei pezzenti lazzaroni pronti a vendersi al primo venuto, ma rivendicano un loro statuto di professionalità e, in nome di esso, esigono rispetto e soprattutto autonomia di scelte e comportamenti.
Come cavallaio (lasciatemi usare questo termine bellissimo e ormai sempre più privo di significato), il sor Ettore intuisce che il cavallo maremmano ha fatto il suo tempo; che il futuro è nei mezzosangue sardi, le cui caratteristiche si confanno meglio di altre alla corsa senese. E con la sua competenza e la sua scuderia metterà a disposizione del Palio una quantità inverosimile di cavalli, molti dei quali vincitori e non pochi di quest’ultimi entrati nel famedio dei campioni di tutti i secoli.
Come tutti gli “eroi” popolari, nemmeno il sor Ettore è mai morto, almeno per la sua gente. E non solo perché nessuno lo ha dimenticato, ma proprio perché la sua “presenza” (dicono nell’Oca) si fa sentire anche quando il suo corpo non è ormai più presente, dato che gli si attribuisce un intervento “dall’alto” per guidare la corsa di Livietta nel 1968 quando nessuno, nemmeno il fantino che la montava, si era accorto che stava vincendo il Palio. Quando una persona diventa, dopo morta, per la sua vicenda umana costruttrice di immagini come queste, ha già trasceso la storia ed è entrata nella dimensione del mito.
Duccio Balestracci
A cinquanta anni dalla scomparsa, la Nobile Contrada dell’Oca ricorda uno dei suoi più grandi dirigenti del secolo scorso: Il Sor Ettore Fontani. Il tributo a questo storico personaggio avverrà con la presentazione, da parte del Professor Duccio Balestracci, di una pubblicazione, un video ed una mostra fotografica dal titolo “IL SOR ETTORE, una traccia profonda nel Palio del Novecento”. Appuntamento Venerdì 16 Dicembre 2016 alle 17.30, presso le Stanze delle Tira in Via Santa Caterina.
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