“L’università è degli studenti”: Leoncini e i goliardi senesi raccontano i 130 anni del labaro

“L’università non è degli studi, ma degli studenti”: ha aperto così lo storico, Alessandro Leoncini, durante la presentazione del libro dedicato ai 130 anni del labaro degli studenti. Un pezzo di storia, che lo storico senese ha analizzato e studiato a fondo, riportando alla luce le storie epiche degli studenti dell’Ottocento.
Nel lavoro, hanno contribuito in maniera importante i goliardi senesi, movimento studentesco nato proprio nella metà dell’800, durante la prima guerra d’indipendenza italiana.
Il labaro, costruito nel 1893, è la metafora del percorso fatto dagli studenti nel corso degli anni, contribuendo in maniera decisiva alla formazione dell’ateneo.

“Gli studenti fanno l’università – commenta Alessandro Leoncini -, sono loro il cuore pulsante di questo posto, sono coloro i quali hanno reso grande questo ateneo ed i 130 anni di storia del labaro sono molto significativi per questo motivo. In questo libro, oltre a raccontare l’antologia studentesca, vorrei mandare un messaggio ai docenti: devono sostenere fino alla morte questi ragazzi, perché hanno bisogno di fiducia per far sì che la storia dell’università possa continuare. Oggi purtroppo è diventata l’università dei docenti, ma non hanno capito che la qualità dell’ateneo è dettata dagli studenti e mi dispiace che molti professori non siano presenti oggi, perché sarebbe stato un gesto di vicinanza importante”.

I ragazzi delle Feriae Matricularum, che hanno contribuito alla realizzazione del libro, hanno narrato la propria storia attraverso fotografie e racconti tramandati negli anni.

“Il nostro scopo è far capire il valore che continuiamo a perseguire e a portare avanti – spiega Matteo Cappelli, principe dei goliardi senesi -, ovvero quello della libertà. Sentendo i racconti di chi ci ha preceduto ho notato molti punti in comune con gli studenti dei nostri tempi, nonostante il passare degli anni. Anche se in 130 anni sono cambiate molte cose, la voglia di emergere e di sentirsi liberi non è mutata ed è la stessa cosa che dovranno raccontare le generazioni successive alla nostra”.

Pietro Federici