Il 24 novembre 1898, in via San Girolamo (come ricorda un’epigrafe posta sulla sua casa), da Bruna Bartalini e Latino Maccari, insegnante di Latino, nasce Mino Maccari. Da piccolo, con la sorella Maria, si sposta spesso a seguito del padre, insegnate, anche se la casa del nonno paterno a Colle Val d’Elsa sarà sempre la loro meta estiva e punto di riferimento. Frequenta il Liceo, ma anche l’Accademia di Belle Arti ad Urbino e nel 1915 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza a Siena ma, nel 1916, viene chiamato alle armi e nel 1917, lungo il tragitto che lo porterà nelle zone di guerra, si ferma a Modena dove incontra Anna Maria Sartori, che diventerà sua moglie. Dalla guerra torna nel 1920, si laurea ed inizia la professione di avvocato, ma dopo due anni lascia il foro. Intanto nel 1924 inizia a collaborare con la rivista “Il Selvaggio”, edita a Colle, che poi dirigerà dal 1926 e la cui redazione si sposterà insieme all’artista: a Firenze, a Siena, a Torino, a Roma. Le firme presenti ne “il Selvaggio” sono di prestigio assoluto: Mario Tobino, Renato Guttuso, Carlo Carrà, Vitaliano Brancati, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi. La rivista è parte della sua vita (vi pubblica le sue incisioni caricaturali e satiriche), quasi una sua proiezione: dichiaratamente fascista, intransigente, spavaldo, rivoluzionario e antiborghese. “Il Selvaggio” diventerà, poi, la sede della sua critica al regime riassunta nel celebre articolo di fondo “Addio al passato”, del 1926, in cui dichiara pubblicamente la sua dissidenza al fascismo. Impossibile elencare le sue mostre, i premi, i riconoscimenti, la sua attività artistica, per cui ricordiamo solo varie partecipazioni alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma, le esposizioni a San Paolo del Brasile e alla Gallery 63 di New York. Nel 1977, a Siena, nella Loggia del Palazzo Pubblico, si tiene una importante mostra antologica che, coprendo oltre cinquanta anni di attività, presenta 178 opere fra dipinti, disegni, acquarelli e incisioni. Ma Maccari illustra libri (un esempio: nel 1951 esegue le celebri tavole per “Bestie del ‘900” di Aldo Palazzeschi), collabora con testate giornalistiche (è caporedattore a “La Stampa”, sotto la direzione di Curzio Malaparte, collabora con “Quadrivio”, “Italia Letteraria”, “L’Italiano” e “Omnibus” di Leo Longanesi, tra gli altri), è scenografo e costumista (indimenticato l’allestimento per “Il Turco in Italia” di Gioacchino Rossini al Teatro Eliseo di Roma, nella stagione 1950, con la direzione di Gianandrea Gavazzeni e Maria Callas nel ruolo di Fiorella; fondamentale la collaborazione con Eduardo De Filippo con cui raccoglie numerosi e importanti successi). Impossibile non ricordare che a Siena dipinge il Palio del 16 Agosto 1970 vinto dalla Selva. Il 16 giugno 1989 Mino Maccari, a 91 anni, muore nella sua casa romana, accanto alla moglie e ai figli.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti