Sul Mostro si può parlare di ‘amore e morte’ ma anche un ruolo di ‘figlio’. Analisi della criminologa che segue passo dopo passo il lavoro di Siena News sulla vicenda dei delitti di Firenze.
Sul Mostro di Firenze è stato detto e scritto tantissimo, anche ovviamente dal punto di vista del profilo psicologico. Questo perché, data la voglia di trovare risposte a fronte di una mancanza di elementi concreti, di tracce, di piste investigative coerenti negli anni, l’interpretazione dei delitti e della personalità del serial killer da parte di psicologi e in generale di addetti ai lavori (ma anche di chi non è poi così ferrato sull’argomento) è stata sempre un campo di scrittura prolifico.
Semplificando al massimo la classificazione per tipologia di assassini seriali, diciamo che la maggior parte degli studiosi del caso annoverano il Mostro tra i cosiddetti lust murderers, gli assassini per libidine, spinti da una pulsione sessuale per la vittima viva, pulsione che trova appagamento solo nell’uccisione dell’oggetto del desiderio. Il binomio eros-thanatos già i miti greci lo avevano esplicato assai bene.
La donna, nel nostro caso, è solo uno strumento per raggiungere la soddisfazione sessuale; l’utilizzo del coltello (ritenuto classicamente un surrogato del pene, il che per altro implicherebbe nel soggetto anche una qualche forma di impotenza), e le escissioni praticate nei corpi di quasi tutte le vittime femminili, sarebbero un segnale ancor più decisivo nel considerare il Mostro un killer per libidine, mosso insomma da un movente sessuale.
Come però ormai abbiamo imparato, il Mostro di Firenze è un assassino particolare, organizzato e meticoloso, per il quale non possono valere le classiche categorizzazioni dottrinali.
Intanto la tipologia delle vittime è peculiare: il Mostro non si limita ad uccidere le donne, o a cercare donne sole, cosa che renderebbe la sua “fatica” di certo più semplice; ha invece un interesse per la coppia, e in particolar modo per il binomio maschio-femmina. Questo tipo di vittimologia esclusiva non è assolutamente frequente; il serial killer Zodiac negli Stati uniti ha ucciso delle coppie, ma non unicamente coppie. Curiosamente entrambi i killer sono a tutt’oggi sconosciuti.
Quindi la donna viene vissuta come all’interno di un binomio, che per tutti, prima di ogni altra cosa, è la coppia padre-madre. Non esiste nessun motivo per non considerare, sempre chiaramente nell’immaginario folle del Mostro, la donna come il simbolo della madre, e non necessariamente la donna come oggetto del desiderio sessuale. Implicazioni in tal senso ci sono: d’altra parte rescinde e asporta il pube (prima “sfregiando” la donna col tralcio di vite, poi operando con tagli precisi, per finire con un’operazione più da macellaio, che chirurgica, tanto per l’estensione della zona asportata, quanto per le modalità), ma non ci sono tracce di attività sessuale dell’assassino sulla scena, cosa invece frequente nei casi di lust murder; sembra piuttosto che si identifichi nella figura del figlio-bambino.
Nel delitto del 1968 il piccolo Mele ha una simbologia e un ruolo fondamentale nella casistica omicidiaria: l’assassino lo porta in salvo, lontano dalla scena e dagli atti osceni che si svolgevano in quella macchina in sua presenza.
E’ probabile che il rapporto con la madre non sia mai stato lineare; di certo per i comportamenti di lei, che nella mente e nei ricordi del killer non è mai stata presente ad aiutare il figlio, un figlio forse oppresso dalla figura paterna, che negli omicidi viene immediatamente neutralizzata dal piombo dei proiettili della Beretta; potrebbe anche trattarsi di una madre dai costumi estremamente libertini e perciò invisa al figlio, come potrebbe essere stato solamente un episodio che ha scatenato l’odio nel figlio e ha incrinato l’ideale materno.
La problematica del rapporto con la madre ha da sempre un’importanza fondamentale negli studi sulla psiche dei soggetti: che poi il Mostro sia un novello Edipo, piuttosto che un giustiziere dalla morale impeccabile, è un interrogativo che può trovare risposta indagando approfonditamente la scena dei crimini e studiando il passato dei soggetti implicati nella vicenda. L’importante è utilizzare gli elementi che abbiamo a disposizione scientemente.
Giulia Morandini
Criminologa
Università La Sapienza Roma