Museo dell’Opera al Santa Maria della Scala, al convegno tutti contro tutti

La prima cosa che si nota nella sala Italo Calvino del Santa Maria della Scala, è l’assenza del sindaco perché il convegno di oggi si era prospettato di grande importanza per la città (come avevamo scritto nei giorni scorsi, si può rileggere qui) dal momento che c’era in ballo il trasferimento del museo dell’Opera della Metropolitana dentro al Santa Maria della Scala. Un progetto che, al netto della grande importanza perché rappresenterebbe una scelta ‘storica’, vale diversi milioni di euro.

Il primo cittadino, tuttavia, parla della questione a margine dell’inaugurazione dei nuovi spazi ludici a Taverne d’Arbia, attraverso dichiarazioni a Siena tv: ” E’ un ragionamento che coltiviamo da tempo. Abbiamo ragionato con il rettore Guido Pratesi, ovviamente ci deve essere un’interlocuzione con la Soprintendenza. Ci sono tanti temi, il tema della ristrutturazione, dell’eventuale convenzione. Con tanti spazi non utilizzati, un rapporto con l’Opera della Metropolitana credo sia necessario. Collaboriamo con tutte le istituzioni per il bene della città. Sul Santa Maria stiamo andando avanti con il lavoro della commissione consiliare, arriveremo presto alla Fondazione così come abbiamo pensato: il Santa Maria della Scala è centrale per questa città”.

Che il Santa Maria della Scala possa essere, possa diventare davvero il tema centrale dello sviluppo culturale della città è sacrosanto – come ha dichiarato il sindaco – eppure tra i relatori del convegno “Turismo di massa e città storiche. Un nuovo museo a Siena” non sembra trovarsi una linea di accordo, quando ognuno di loro si confronta con il pubblico della sala.

Perché se il rettore dell’Opera della Metropolitana Guido Pratesi conferma la necessità di nuovi spazi dicendo che ci sono architetti a disposizione, seguendo la linea dell’architetto Milesi (nel consiglio direttivo dell’Opera),  l’ingegnere Di Stefano (anche lui nel direttivo) ha parlato di qualità di progettazione che deve essere affidata a professionisti e non a ragazzi e non ha parlato di trasferimenti di opere, piuttosto ha ribadito questa oltre ad una serie di linee guida per i progettisti.

Di altra idea il vice rettore dell’Opera metropolitana, monsignor Giuseppe Acampa che ha ribadito la laicità dell’Opera del Duomo dopo l’unità d’Italia. Ha poi parlato del ruolo centrale del Comune e del trasferimento della Maestà di Duccio al Santa Maria, sfruttando così la la disponibilità degli spazi per ricostruire con realtà virtuale la Maestà stessa. Particolare, questo, su cui Di Stefano non era d’accordo.

Le conclusioni sono state lasciate a Tomaso Montanari che, dopo un ricco excursus che ha legato arte e politica (esempi positivi e negativi nella storia), ha ribadito quanto non sia d’accordo sul trasferimento della Maestà  e quanto il Comune non debba entrare nella questione perché il Comune non è l’Opera della Metropolitana e il futuro del Santa Maria della Scala lo immagina, Montanari, vissuto da tutti. In primis professori e studenti, quasi si ricreassero le antiche botteghe: ricerca, innovazione, laboratori, economia sostenibile. Il professor  Montanari invoca l’intervento dell’Università e al tempo stesso torna a parlare dello spostamento della Pinacoteca nazionale dentro al Santa Maria della Scala.

All’architetto Milesi non resta che chiudere il convegno (prima parte, ci saranno altri appuntamenti) con quello che sembra un saluto rassegnato di fronte alle argomentazioni dei relatori perché nessuno si sarebbe aspettato tutto questo: “Non è detto che i progetti che verranno presentati prevedano il trasferimento della Maestà” .

Katiuscia Vaselli