Intervista a Roberto Masotti, per anni fotografo ufficiale del Teatro alla Scala, che domani inaugurerà la sua mostra “Winterreise” alla Seipersei Gallery di Siena
Ventiquattro foto per ventiquattro passi attraverso l’inverno delle montagne trentine. E’ questo il nocciolo di “Winterreise”, la mostra e il libro fotografico di Roberto Masotti che saranno presentati domani (ore 18) a Siena alla Seipersei Gallery di via Mentana.
Il fotografo ravennate in questo allestimento mette in evidenza un aspetto più contemplativo del suo fotografare, che molto spesso lo ha visto muoversi in ambienti prettamente “umani” come la sale da concerti o i teatri.
Dopo l’inaugurazione delle mostra, ci sarà una performance-live-video-musicale con lo stesso Masotti, Massimo Falascone, Silvia Bolognesi e Gianluca Lo Presti, dove verranno animate le foto di “Winterreise” e i suoni che ne hanno accompagnato la realizzazione. L’appuntamento è a Cacio&Pere alle 22.
L’autore di “Winterreise”, per anni fotografo ufficiale del Teatro alla Scala con la moglie Silvia Lelli, ci racconta per l’occasione il suo lavoro.
Che cos’è “Winterreise”?
«E’ un viaggio, anzi, sono delle camminate invernali – in tedesco, l’inverno è “winter” e il viaggio “reise” – fatte qualche anno fa. Io amo molto la montagna, sono luoghi che conosco e frequento. Il mio viaggio è stato ispirato dall’opera di Franz Schubert, per l’appunto il “Winterreise”, che è formata da un ciclo di lieder il cui argomento sono proprio le atmosfere invernali. Ho ricondotto alle ventiquattro parti della composizione schubertiana altrettante fotografie. Successivamente, ho scritto un testo con un’ambizione teorica che approfondisce alcuni temi: il rapporto con la natura, la relazione tra questa e l’immagine, il suono e la musica».
In occasione della presentazione della mostra, ci sarà pure una performance musicale. Alla base di questa, ci saranno i lieder di Schubert?
«Ci sarà una parte visuale controllata in tempo reale – con fotografie, riprese e suoni ambientali – che interagirà con l’improvvisazione musicale di due musicisti come Massimo Falascone e Silvia Bolognesi. All’interno di tutto questo, ci sarà spazio anche per la rielaborazione di alcuni lieder schubertiani. Sarà una performance realizzata completamente dal vivo. Non sappiamo come sarà, il giorno dopo potrebbe essere completamente diversa».
Vi farete influenzare dall’ambiente e dalle persone presenti alla performance?
«Sicuramente sì».
“Winterreise” nasce sulle montagne trentine. Perché ha scelto proprio quelle? Il loro aspetto si è modificato nel tempo?
«Sono luoghi normali, molto semplici. Ci sono tutti gli ingredienti giusti, c’è il bosco, c’è il sentiero, c’è la roccia, c’è il torrente. C’è tutto ciò che contestualizza un ambiente montano. Siamo, mediamente, tra i 1000 e i 1500 metri. Io ci vado dalla fine degli anni ’60, in quanto sono luoghi che appartengono alla storia della famiglia di mia moglie. Il mio lavoro è stato quello di trovare cose che gli altri non vedono o non notano. Ai giorni nostri, avendo perso un po’ dello spirito contemplativo tradizionale, passiamo attraverso un paesaggio senza fermarci. L’immergersi nel silenzio, l’essere parte della Natura sembrano cose di altri tempi. In realtà non è vero, basta lasciarsi andare e tutto può accadere».
Qual è la musicalità di quei monti?
«La musicalità è nelle forme che la Natura ti offre, nei ritmi che ti suggerisce. Queste cose si possono percepire a livello inconscio. L’entrare in sintonia con l’ambiente che ti circonda, può essere aiutato dal fare fotografie o video, in quanto per realizzarle devi scegliere e ti devi creare un punto di vista. Grazie a questo, familiarizzi con ciò che vedi e senti, riuscendo a cogliere anche le piccole sfumature. Talvolta è l’istinto che ti guida a scoprire nuove forme. Questa è la logica che sta dietro a “Winterreise”: avere distillato, in maniera assolutamente feroce, immagini che rappresentano il mio viaggio. Sono ventiquattro foto, sarebbero potute essere altre ma ho scelto quelle. Sembra semplice mettere in fila immagini del genere, ma non lo è».
In fotografia, la possibilità di scegliere è un limite o un’opportunità?
«E’ un obbligo direi. Non puoi riempirti la vasca di immagini e restare lì a mollo. Devi scegliere, magari aiutandoti in partenza non producendo foto inutili. L’obiettivo è essere in una sintonia tale con ciò che hai deciso di fare che ti possa permettere di creare in un’economia selettiva. Molte volte, scegliere sequenze di immagini è un ritrovarsi».
Lei, nel corso della sua carriera, ha fotografato molte performance di esseri umani. Qual è la differenza tra queste e le “esibizioni” della Natura?
«Anche la Natura agisce, eccome. Basta volersene accorgere, magari andando vicino a un bosco o a un ruscello. Quello che posso dire è che, se una differenza c’è, l’uomo compie gesti più evidenti».
Emilio Mariotti