Che c’è, gente? Ci siete rimasti male perché dopo le prime scaldate marzoline v’eravate bell’e gnudati, convinti che fosse arrivata già l’estate, e invece vi siete trovati con giorni bruscamente raffreddati, vero? E vi siete fatti piccionare in maglietta mentre, soprattutto di notte e al mattino presto (grazie anche all’ora legale), fa ancora un freddo becco, vero? E non ve lo aspettavate, vero?
Perché non vi siete ricordati quel che s’era scritto a gennaio parlando dei giorni della merla. Se ve lo foste ricordato, vi sarebbe ritornato in mente che gli ultimi giorni di marzo (sarebbero il 29, 30 e 31, ma in qualche caso cominciano anche prima) sono quelli che la tradizione popolare chiama “i giorni della vecchia” e sono giorni dimolto freddini.
Il folklore ci ha costruito sopra una storiella, conosciuta in tutta Italia, che ha dato il nome al periodo. Una vecchia pastora non si fidava del clima marzolino, capriccioso e matto, e aspettava in gloria che il mese finisse. Marzo “a quei tempi” (quali non si sa: è il classico indefinito tempo anteriore delle favole e del folklore) contava solo 28 giorni e quando il calendario arrivò al ventottesimo la vecchietta fece un reverente e garbato gesto dell’ombrello a Marzo dicendogli, in sostanza, ora puoi fare il matto quanto ti pare: da domani non ci sei più e io tiro fuori le mie pecore perché con Aprile vado sul sicuro.
Marzo non era solo matto. Come molti matti (e molti che matti non sono) era anche permaloso. Così, convinse aprile a regalargli tre giorni e in quei 29, 30 e 31 ne combinò di tutte. Pioggia, neve, vento e freddo. E la vecchia pastora pensò che se invece di fare la grossa fosse stata zitta sarebbe stato parecchio meglio per lei e per tutti.
In realtà, la leggenda è la folklorizzazione popolare di un fenomeno che non è raro in meteorologia, cioè il brusco abbassarsi delle temperature in uno di quelli che vengono comunemente definiti “nodi del freddo”, quei giorni in cui si avverte un sensibile raffreddamento accompagnato, magari, anche da precipitazioni.
Quello di fine Marzo – appunto, i giorni della vecchia – non è il solo. Talvolta si può verificare un abbassamento del termometro anche a San Giuseppe e non è raro che il 25 aprile (il nodo di San Marco, come è chiamato) sia anch’esso un giorno inaffidabile dal punto di vista meteorologico. Altrettanto, occhio al periodo che va dall’ 11 al 15 maggio: i contadini (e non solo quelli italiani: la dizione è estesa a gran parte dell’Europa, come testimoniano proverbi e racconti francesi, inglesi, olandesi, tedeschi e ungheresi) chiamavano questi i “giorni dei Santi del Ghiaccio”. Se volete sapere chi sono, si tratta di San Mamerto, vescovo di Vienna; San Pancrazio; San Servazio, vescovo di Tongres; San Bonifacio di Tarso; Santa Sofia di Roma. Il fenomeno del raffreddamento in questa metà di mese è parecchio discutibile, sia chiaro. O, almeno, è discutibile la sua regolarità. Gli allievi di Galileo lo studiarono compilando statistiche del clima dal 1655 al 1670, ma gli studiosi moderni tendono ormai a destituire la credenza popolare di ogni validità scientifica.
Sia come sia, tenete a mente questi giorni. I contadini non eran bischeri e se la raccontavano così, vuol dire che il rischio di beccarsi un raffreddore da incauto spogliamento a metà maggio era reale (“Né di Maggio, né di Maggione / togliersi il pelliccione”, recitava un proverbio, e un altro suonava “D’Aprile non t’alleggerire; di Maggio non ti fidare; di Giugno fa’ quel che ti pare”). Proprio come nei prossimi tre giorni.
Insomma, aspettate a riporre i giacconi invernali. Le tignole del vostro armadio hanno fame, ma fatele ancora aspettare un pochino. Tanto, poi, inevitabilmente si rifanno con gli interessi. Le stronzette.
Duccio Balestracci
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