Una somma simbolica per ricordare tutti i soldati che hanno dato la propria vita per la difesa della Patria:
L’Associazione Paracadutisti d’Italia ha voluto così donare 500 euro al Comune di Siena per l’organizzazione del Palio Straordinario che sarà dedicata al centenario della vittoria della Prima Guerra Mondiale.
Un contributo, quello dei paracadutisti senesi, dedicato alla memoria di chi in quegli anni ha difeso i confini nazionali nelle trincee del nord-est italiano. Una soldato però ha ricevuto una dedica particolare.”L’Associazione Paracadutisti di Siena– specifica la nota del direttivo dell’associazione – inoltre vuole dedicare questa offerta al ricordo del tenente Alessandro Tandura, classe 1893 che, esattamente 100 anni fa, è stato in assoluto il primo militare al mondo paracadutato dietro le linee nemiche”. Insomma, il primo paracadutista della storia. Un’impresa che è rimasta nei libri di storia e che è stata compiuta da un giovanissimo volontario italiano. Un’impresa che nei campi di battaglia odierni sarebbe affidata alle truppe specializzate in questo tipo di missione.
Nell’estate del 1918 fu però affidata ad un semplice tenente degli Arditi di 25 anni che non aveva mai visto un paracadute in vita sua. Senza esperienza ma impavido e coraggioso. Questo era Alessandro Tandura che cento anni fa fu il primo a buttarsi col sussidio dell’ampio telo dietro il fronte di difesa austriaco. Con le sue azioni per ottenere informazioni e depistare le linee di rifornimento imperiali il semplice fante volontario, avrebbe dato un enorme contribuito alla vittoria finale dell’allora Regno d’Italia.
Giusto per tracciare un ritratto di questo eroe spesso dimenticato: Alessandro Tandura nacque il 17 settembre 1893 a Vittorio Veneto. Non era molto alto, sfiorava appena i 160 cm, ma ciò lo rendeva molto agile e leggero. Allo scoppio della Grande Guerra, Tandura viene assegnato al 1° Reggimento Fanteria “Re” di stanza a Sacile. Tandura venne poi affidato alla custodia dei depositi di mitragliatrici del Reggimento “Brescia” finché, nell’ottobre 1917, non ottenne la nomina a sottotenente di complemento. Tandura, però, ricadde nei dolori della malattia che lo costrinsero ad allontanarsi dal fronte fino al dicembre dello stesso anno.
Il 27 dello stesso mese, il giovane soldato chiese insistentemente, malgrado il non totale recupero fisico, di entrare a far parte del 20° Reggimento d’Assalto delle “Fiamme Nere” che diverrà famoso con il nome di “Arditi”. Con loro, Tandura combatterà in tutti gli scontri del Basso Piave e, il 28 aprile 1918, ottenne la promozione a tenente di complemento. Nell’estate del 1918, l’ardito partecipò alla vittoriosa Battaglia del Solstizio finché, dopo pochi giorni, non venne contattato dal tenente colonnello Dupont. Tra il 9 ed il 10 agosto, infatti, Tandura si sarebbe dovuto lanciare da un aereo guidato dall’asso canadese Barker e dal capitano inglese Benn in territorio veneto, allora occupato dal nemico dalla rotta di Caporetto. Nella notte fatidica il meteo non fu dalla parte degli eroi. Un violento temporale si abbatté sul nord-est ma, dimentichi della paura, i tre partirono comunque e Tandura venne lanciato, come da manuale, in territorio nemico. Atterrato parecchio distante dal punto di arrivo, il soldato non si diede per vinto; raccolse alcuni soldati e rivoltosi e boicottò gli Austriaci rallentandoli ed impedendoli nella loro avanzata verso il sud Italia. Tandura fu costretto a vivere in una grotta alcuni giorni ma, alla fine, i nemici lo catturarono. Il soldato riuscì a scappare una volta ma, catturato nuovamente, venne posto su di un treno diretto ad un campo di lavoro in Serbia. Durante un’avaria del treno, però, il soldato agilmente scappò dal treno scivolando dal finestrino e nascondendosi tra la boscaglia. Salvatosi per puro miracolo, Tandura non aspettò un secondo e si ricongiunse con i suoi compagni a Vittorio Veneto, pronto a sferrare il colpo finale ai nemici. Alla fine del conflitto, stremato Alessandro Tandura ottenne la medaglia d’oro al valor militare con incise sopra le seguenti parole: “Animato dal più ardente amor di Patria, si offriva per compiere una missione estremamente rischiosa: da un aeroplano in volo si faceva lanciare con un paracadute al di là delle linee nemiche nel Veneto invaso, dove, con alacre intelligenza ed indomito sprezzo di ogni pericolo, raccoglieva nuclei di ufficiali e soldati nostri dispersi, e, animandoli col proprio coraggio e con la propria fede, costituiva con essi un servizio di informazioni che riuscì di preziosissimo ausilio alle operazioni. Due volte arrestato e due volte sfuggito, dopo tre mesi di audacie leggendarie, integrava l’avveduta e feconda opera sua, ponendosi arditamente alla testa delle sue schiere di ribelli e con esse insorgendo nel momento in cui si delineava la ritirata nemica, ed agevolando così l’avanzata vittoriosa delle nostre truppe. Fulgido esempio di abnegazione, di cosciente coraggio e di generosa, intera dedizione di tutto se stesso alla Patria”.