Daniela Marchetti, 20 anni di incarichi nella società delle donne della propria contrada, la Chiocciola. Una delle poche in cui resiste questa istituzione che, infatti, Daniela difende strenuamente “è giusto che le donne possano ricoprire ogni tipo di incarico nella contrada, abbiamo anche avuto la vicepresidente di società, donna, ma non si può neanche pensare che sia riduttivo mantenere questi gruppi. Sono dell’idea che ci sono cose che è giusto che facciano le donne e altre gli uomini per il semplice fatto che siamo bravi in cose diverse. Insomma i tavoli è meglio se li montano loro” aggiunge con la sua contagiosa risata.
Il suo ricordo più bello legato alla vita contradaiola è la vittoria del ’99 quando era presidentessa della società delle donne “ci fu da lavorare tantissimo. Preparare tutte le cene, i rinfreschi è una grande fatica, ma c’è anche la soddisfazione. E poi il divertimento e il bello di stare tutte assieme” La gratificazione di fare qualcosa di utile per la propria contrada, di dare il proprio contributo come nel lavoro sulle bandiere “non si può descrivere la gioia che ho provato quando la bandiera che ho cucito io, fu messa alla fontanina”.
Anche il rapporto con le più giovani è cambiato “bisogna lasciare spazio anche a loro, io dopo 20 anni di cariche ho preferito smettere altrimenti mi mettevano al posto della mattonella!” La contrada è cambiata, ma Daniela sottolinea come non siano evoluzioni o involuzioni legate al destino delle consorelle o della città, ma piuttosto al generale andamento della società: “le cose cambiano, prima c’era una cultura diversa, anche come cultura contradaiola che oggi spesso manca, ma è un discorso più generico legato al rispetto”.
Daniela lega questo concetto anche al mutato rapporto tra le avversarie “c’è più cattiveria oggi. Prima era diverso. Noi da ragazzini andavamo a ascoltare i dischi nel jukebox ‘in San Pietro’. Forse c’era più attenzione ai rapporti tra le persone“. Questo è l’aspetto che andrebbe recuperato “dovrebbe esserci maggiore spirito di collaborazione proprio per il bene della città”. E alle donne delle contrade sente di fare un augurio speciale: “che possano sempre credere al loro ruolo all’interno della contrada. Prima vengono la famiglia, i figli, il lavoro, e poi che ci sia il tempo e la gioia per prendersi cura anche della la propria contrada e per tutelare e trasmettere la cultura contradaiola”.
Selene Bisi
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