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Festeggiamenti per Elisabetta II, il precedente italiano

Dopo la lettera che abbiamo pubblicato ieri, oggi presentiamo un altro scritto di Matthias Buccianti a proposito del presunto invito della regina Elisabetta II alle Contrade di Siena. In questo intervento si descrive il precedente dei festeggiamenti per il matrimonio tra Umberto I di Savoia e la principessa Margherita, ai quali partecipò una delegazione senese.

“Correva il lontano 21 aprile 1868 e sarà pure un caso forse che il compleanno della Regina Elisabetta II cada proprio in questo giorno. Come che sia, quella fu la data delle nozze tra l’erede Umberto I di Savoia e l’amatissima principessa Margherita, lieto evento seguito con entusiasmo da tutto il popolo d’Italia, che per la prima volta partecipava unito ad un matrimonio regale, tutto italiano. Siena, che come si può leggere dalle cronache dell’epoca, fu la prima provincia italiana ad aderire al Regno sabaudo tramite suffragio popolare, ricevette annuncio del lieto evento il 10 febbraio dell’anno medesimo e la cittadinanza nella persona del sindaco Conte T. Sergardi, così rispondeva tramite le pagine de “Il libero cittadino”: Maestà (Vittorio Emanuele II n.d.r.), l’annuncio del Matrimonio di S.A.R. il Principe Umberto con S.A.R. la Principessa Margherita è giunto gradito al cuore di ogni italiano, che nella Vostra illustre Dinastia vede il più saldo baluardo dell’unità e dell’indipendenza della Patria. Il Consiglio Comunale della Città di Siena, che fu il primo ad invocare l’unione di questo alle antiche province del Vostro Regno glorioso, si reca a ventura farsi interprete presso la M.V. dei sentimenti di esultanza dell’intera Città per la lieta novella del fortunato connubio. Erede delle virtù paterne, la giovane Principessa allegrerà col tesoro di quelle virtù e delle sue grazie l’antica Reggia Sabauda; e la Nazione vede con grande letizia disposare all’erede della Corona, che sui campi lombardi combatté strenuamente per l’unità della Patria, l’Augusta figlia del Principe valoroso, che fu della M.V. fratello e compagno nelle prime battaglie dell’indipendenza italiana. Così per questo connubio mirabilmente s’intrecciano le glorie e virtù del passato con le speranze dell’avvenire; le virtù e le glorie della Reggia con le speranze della Nazione. Partecipando al presente gaudio del cuor Vostro, la Città di Siena Vi rinnova, o Sire, per mezzo di noi gli omaggi della sua inalterata devozione e del suo affetto, ed aggiunge i suoi felici auguri che dalle cento Città consorelle vengono porti alla M.V. ed agli Augusti Sposi. Voi, Sovrano e Padre, accoglierete benevolo, gli omaggi ed auguri dei vostri sudditi e figli, i quali come ebbero comuni con la M.V. i sacrifici e le gioie, le sventure e le glorie, così hanno comune la fede nel compimento dei destini d’Italia.

Purtroppo le fonti che si sono riuscite a conservare negli archivio bibliotecario cittadino non ci possono restituire l’entusiasmo che provarono tutti gli alfieri, i tamburini e gli altri figuranti delle Contrade, che sfilarono per rendere omaggio agli sposi durante le celebrazioni svolte a Firenze. Dalle pagine de “La Nazione”, l’allora gazzetta fiorentina, si apprendono solo le disposizioni urbanistiche che la città toscana assunse per organizzare l’evento. Il nostro fedele periodico locale de “Il libero cittadino”invece, seppur giornale politico-amministrativo, intitolava così la prima pagina della sua redazione uscita a pochissimi giorni di distanza dal memorabile giorno: Da un capo all’altro d’Italia, nel martedì decorso, celebravasi con feste e con atti di beneficenza il fausto avvenimento del matrimonio del Primogenito del Re Galantuomo (da cui il mito del Principe Azzurro n.d.r.) con la Figlia del compianto Duca di Genova, l’uno esempio di valore, l’altra di virtù e di pietà ereditate ambedue dalla illustre Stirpe dei Sabaudi. Le Rappresentanze delle Province e dei Comuni, nonché di tutti i corpi elettivi della Penisola e la stampa di ogni colore, meno la clericale, furono unanimi nel rivolgere agli Augusti Sposi indirizzi di esultanza e di felici auguri. Siamo lieti anche noi di unire la nostra voce a tanta esultanza e non sappiamo far meglio che pubblicando nelle colonne del nostro giornale il Canto che l’illustre Prati ha testè composto e dedicato alla Coppia Reale. Non è cortigianeria questa, ma sebbene una spontanea dimostrazione di affetto a quella Dinastia spontaneamente acclamata da 25 milioni col mezzo dei plebisciti; che sola fra le Dinastie che governarono l’Italia divisa e serva, custodì gelosamente e serbò accesa, dopo l’infortunio di Novara, la face della libertà ai piè delle Alpi, quella face che poi come il sole divampò di luce gloriosa dal Po alla terra dei Titani. È una spontanea dimostrazione di affetto a quella Dinastia che scese in campo con i Cittadini d’Italia a combattere tutte le guerre della libertà e dell’indipendenza della Patria e che sparse il suo sangue al pari dei nostri figli sui campi di battaglia.

L’articolo si chiude, come annunciato, con l’epitalamo del Prati, un Canto appunto a stanze in ottava rima che intreccia, con superba eleganza e maestria, l’elogio degli Augusti Sposi all’ode alla Patria. Ma non fu questo, assieme alla sfilata delle Contrade alla cerimonia matrimoniale, l’unico omaggio che la città di Siena riservò affettuosamente loro. Basta pensare al tipico dolce senese del Panforte, che, come la più celebre sorella culinaria napoletana, fu appositamente preparato per accogliere, tra nuove delizie, l’arrivo dell’amatissima Principessa. Basta pensare al famosissimo canto che ancora oggi i giovani contradaioli, seppur con rivisitazione goliardica, intonano per allietare i propri convivi, quel canto che originariamente diceva “E non ti nascondere tra i mazzi di fior, o bella sconosciuta lasciati vedere, o Margheritè, o Margheritè, ce l’hai promessa (la vittoria n.d.r.) daccela e faccela goder”, che immortalava nella nostra tradizione, una delle visite ufficiali dei giovani sposi nella nostra città, ricamato partendo da un curioso aneddoto: nel recarsi a pregare al Santuario cateriniano, la Principessa Margherita fu letteralmente sommersa dai mazzi di fiori, con cui il popolo festante si era riunito per omaggiarla . E se ancora non vi dovesse bastare, si dovrà allora ricordare il Regio Decreto che concedeva e concede tuttora alle Contrade di fregiarsi nella propria araldica degli stemmi e stilogrammi sabaudi, ma anche delle numerose lapidi disseminate nei nostri rioni, a ricordo delle visite dei nostri regnanti, oppure della loro assidua presenza alle celebrazioni del palio che tanto amarono. A tal punto che, così come da ultimo, Umberto II fece prima di chinarsi all’ingrato esilio”.

Matthias Buccianti

Emilio Mariotti

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