Il drappellone è una luce dentro l’Entrone. Gasparro: “Ho avuto l’illuminazione guardando la Maestà di Martini. Tutte le contrade sono unite da un singolo colore”

Colore: c’è chi lo ha visto accesso e chi, invece, lo ha visto freddo, ma senz’altro il drappellone di Giovanni Gasparro è una bella esplosione di luce. Lo ha dimostrato il lungo applauso che tutti i cittadini gli hanno riservato dentro il Cortile del Podestà; applauso, che neanche il pittore si sarebbe aspettato. Il cencio, invece, come sempre ha già dato modo ai contradaioli di individuare alcuni dettagli, che in qualche modo possano portare la fortuna dalla loro parte. Una cosa che spicca, in primo luogo, è il ferro di cavallo, posto in alto e tenuto in mano dal Bambino, raffigurato in braccio alla Madonna.

Tra gli altri aspetti, c’è n’è uno che forse è entrato più di tutti nell’occhio dei senesi, ovvero il colore dei simboli delle contrade e di come sono stati disposti quest’ultimi. Infatti, tutti gli stemmi prendono lo stesso colore del drappellone, con delle rifiniture in oro, mentre la loro disposizione è interessante: alla base ci sono due contrade e sopra di loro ne sono disposte altre cinque; da queste vengono sovrapposte poi altre due contrade, che ereggono di fatto quella che si trova da sola sul punto più alto, ovvero la Giraffa.

“L’ordine è puramente casuale – commenta il pittore Giovanni Gasparro -, non ho fatto caso alle contrade. La Giraffa, si trova nel punto più in alto, ma non c’è alcuna allusione, anche se è stata la prima contrada che ho avuto modo di vedere. Per quel che riguarda i colori dei simboli, ho voluto accomunare tutte e dieci le partecipanti della Carriera, mettendo loro questa rifinitura d’oro, che simboleggia la protezione divina del velo di Maria. L’ispirazione del cencio è arrivata una volta terminati i giri dei musei delle contrade, ovviamente in incognito, poi però la vera illuminazione è arrivata quando ho visto la Maestà di Simone Martini a Palazzo Pubblico e ho deciso che il velo della Madonna sarebbe diventato il drappellone stesso”.

Pietro Federici