La popolarità della radiocronaca del Palio, in realtà, si deve a quello che, di Luigi Bonelli, si considerava un (meno bravo, diceva lui con modestia) allievo: Silvio Gigli. Il giovane Gigli che, come accennato nell’articolo recedente, entusiasta, a ventisette anni, nel 1938, perorava la causa di un Palio straordinario per far conoscere Siena a Hitler, dopo la guerra trova la sua strada all’EIAR, dove comincia un percorso che lo porterà ad essere una delle voci più amate della RAI e un regista di famose trasmissioni popolari. E’ lui a diffondere la conoscenza del Palio in Italia attraverso le sue radiocronache. Il commento dello svolgimento della corsa va in onda in differita (si sintonizza la radio alle 22 sul secondo canale) e il suo è un racconto pieno di veemente passione (era contradaiolo, tartuchino, e non solo non lo nascondeva, ma lo ostentava). Tuttavia va detto che, in modo ugualmente professionale, offre ai radioascoltatori un commento preciso e puntuale nell’esatto svolgersi degli eventi di Piazza.
Chi seguiva via radio la narrazione della corsa (la prima, asseriva Gigli, era del 1936, ma la testimonianza sembra discutibile; verosimilmente iniziano a metà degli anni Cinquanta per concludersi con quella del 2 luglio 1987) scandita dalla sua voce rotta dall’emozione, ma mai sopra le righe, il Palio, non lo ascolta ma, di fatto, lo “vede” attraverso le sue parole. Ha uno stile inconfondibile: la sua radiocronaca si apre sempre con una sorta di “promemoria sonoro” (come è stato definito) in funzione dell’ identificazione della città e del contesto in cui il Palio si inserisce. Così, Gigli, con una qualche compiaciuta, consapevole, didascalica retorica, ricorda i grandi personaggi senesi, enumera (talvolta con qualche “leggerezza” storica) i papi che qui ebbero i natali, evoca la magnificenza delle architetture, commenta il suono di Sunto che si sente come emozionante sottofondo sonoro, definendolo la più grande delle campane dopo quella del Cremlino (e, diciamolo per dovere di cronaca, non era vero nemmeno all’epoca nella quale il cronista trasmetteva).
E sempre uguale, ed ormai leggendaria, la frase con la quale concludeva, come una firma, ogni trasmissione: “Siena trionfa come sempre immortale”.
E’ stato giustamente osservato che se si ascoltano con attenzione le trasmissioni di Gigli si sente immediatamente che siamo davanti ad un linguaggio che riesce mettere in moto la fantasia di chi ascolta. Gigli usava al meglio questa capacità di collocare il Palio al centro di un mondo senza tempo, perso in un favoloso passato immaginario, descritto come mito che è il “sale” della festa. Un passato che, poi, diveniva il presente fatto di suoni, canti, di un fragori indistinti ma riconducibili a momenti particolari che scandiscono i quattro giorni di Palio. Suoni, canti, rumori ben vivi in ogni contradaiolo e nei quali ogni contradaiolo si riconosce. Si sente lì, protagonista dell’evento al pari dei protagonisti della Piazza.
E Siena trionfa, come sempre, immortale.
Maura Martellucci
(si ringrazia per la foto Augusto Mattioli)
Per approfondimenti da leggere: “Il Palio di Siena. Una festa italiana” di Duccio Balestracci (Laterza, 2019), dal quale sono tratte anche queste notizie