È vicino alle torri l’orizzonte e la sapienza inazzurra il cielo, così che i tetti stessi, fitti e obliqui, siano luce ch’è giunta da lontano.
Dal mare delle idee è pervenuta la conchiglia dai bordi edificati; in rosso e in bianco mescolato al nero unite si susseguono le torri come due cavalieri su un destriero. La Piazza, il Campo, è una conchiglia appesa a una spalla dell’universo.
Oggi, quando la Vergine è nel cielo già assunta, sul Campo rigoglioso sono confluite tutte le correnti del sangue antico che Siena rinnova, ed ogni singola corrente è mille e più correnti individuali: il popolo. Il Campo è la città, unica e plurima. Vi si addensano le dieci più sette contrade, in un mare spirituale che porta molti nomi nelle sue onde: ardore e combattività, letizia ed industriosità, prudenza e astuzia, forza, riservatezza e fedeltà, avvedutezza, potenza, eleganza, saldezza, audacia e perseveranza ed acutezza e scienza. Irte parole come vessilli e piane come stoffe colorate. Dieci alla volta si contendono il primato e tutte lo hanno nel loro momento, poiché il Palio è un ciclo ed ogni inizio o fine vi ritorna.
Oggi, qui, nessuna parola suona vana, neppure il grido turpe e addolorato: poiché infine il Campo è il centro, in cui tutto si trasforma, e chi la propria anima confonde con l’anima di Siena, fluida e salda, nel Palio, in Campo, trova il proprio Sé.
Andrea Laiolo
(da La città della festa, icona senese, Achille & La Tartaruga, 2016)