Ieri il Magistrato delle Contrade ha approvato all’unanimità un documento sulla vicenda degli inviti a comparire in Questura per alcuni contradaioli. Oggi il rettore Nicoletta Fabio indica nella diffusione dei video online l’iniziativa della magistratura.
Al Magistrato delle Contrade e al suo rettore non piace la vicenda degli inviti a comparire in Questura mandati a decine di contradaioli di Nicchio, Onda, Torre e Valdimontone. Sentita al telefono Nicoletta Fabio non risponde alle domande dirette sull’azione della magistratura. Replica solo alla questione sul’influenza che può aver esercitato la circolazione dei video dei cazzotti sui media nazionali: «Sicuramente, non solo a mio parere. Ricordiamo l’appello a un uso più responsabile di certi strumenti che avevamo già fatto».
Ieri c’è stata una riunione straordinaria del Magistrato da cui è uscito un documento, approvato all’unanimità che manifesta il disagio “…di fronte ai reiterati tentativi di ingabbiare la Festa mortificandone l’autenticità e l’assoluta originalità”. Di seguito è possibile leggerne il testo, che inizia con un invito alla riflessione:
“Preso atto dei provvedimenti che la Magistratura sta assumendo nei confronti di molti contradaioli, il Magistrato delle Contrade non può esimersi da una riflessione che vada al di là della comprensibile apprensione del momento e attivi una comunicazione leale e collaborativa fra tutte le parti in gioco – Popoli, Dirigenti, Istituzioni, stampa – dimostrando consapevolezza non retorica del ruolo delle Contrade quale garanzia di coesione sociale, presidio del territorio, partecipazione attiva, capacità di autoregolamentazione. Se fino ad oggi si è rimandata una risposta unanime, di fronte al rischio che qualcosa di autenticamente nostro come il Palio ci sfugga di mano e si snaturi finendo per assomigliare ad una manifestazione qualunque è indispensabile ravvalorare il senso di appartenenza cittadino, dimostrando una compattezza che non sia di facciata”.
Il documento prosegue con un invito a non confondere i momenti “caldi” del Palio con “un ‘attitudine facinorosa”, e, soprattutto, esprime il timore che si vada a perdere il potere di autoregolamentazione dei contradaioli:
“Insieme le Consorelle costituiscono una civitas che quotidianamente e concretamente testimonia valori etici e culturali, e il Palio ne è l’espressione più schietta. Nel Palio si esaltano quella stessa passione, fierezza d’animo e spontaneità che fanno delle Contrade per tutto l’anno un’architettura sociale efficiente che non ha eguali proprio perché fondata su di una genuinità di sentimenti degna di rispetto. Consapevoli che il confronto tra rivali, limitato rigorosamente ai giorni di Palio, debba mantenersi entro una cornice di sostanziale correttezza e rispetto reciproco, e che la sensibilità dei tempi impone un costante adeguamento delle consuetudini, non possiamo dimenticare che la nostra è una Festa di popolo, dove la naturale animosità e l’impeto di emozioni contrastanti sono parte essenziale della solennità del rito. Un giudizio che non tenga conto di queste componenti e che equipari indiscriminatamente i momentanei eccessi ad un’attitudine facinorosa, rischia, da un lato, di svilire l’impegno di quanti, ciascuno nel proprio ruolo, si prodigano a tutela della Festa e della tradizione e, dall’altro, di scoraggiare quella autoregolamentazione che, se praticata con coerenza, rimane il più efficace antidoto contro le degenerazioni”.
Il testo si chiude con un appello a non imbrigliare il Palio “applicando dogmaticamente” le regole e di tener presente che si rischia di produrre disaffezione verso le Contrade e la città:
“Dirigenti e contradaioli non possono non sentirsi a disagio di fronte ai reiterati tentativi di ingabbiare la Festa mortificandone l’autenticità e l’assoluta originalità. Se troppo spesso si imbrigliano gli slanci, si frenano le passioni, si irrigidiscono i comportamenti applicando dogmaticamente le doverose regole senza contestualizzarle alla sociologia del luogo e di un evento dove sono insiti momenti di casualità e imprevedibilità, la Festa rischia di diventare artificiosa. Quando non ci si sente liberi di esprimersi, la disaffezione per il Palio (solo un aspetto, tuttavia non certo secondario, della vita delle Contrade) rischia di trasformarsi in disaffezione per la Contrada e per la città, rischia cioè di intiepidire l’interesse, la partecipazione, l’impegno, lo spirito di sacrificio che rendono possibile la realtà quotidiana delle Contrade.
La compattezza con cui oggi affrontiamo un problema che siamo coscienti non riguardi solo singole Consorelle ma l’integrità della Festa è un richiamo forte ai valori comuni della nostra civiltà che ci sentiamo di rivolgere alla città e alle sue istituzioni”.