Giunse la primavera. In un’ora.
La sera si tingeva di rosa addosso alle mura del Trecento e camminavo senza meta lungo le strade che mi avevano cresciuto.
Era il crepuscolo di un giugno bianco latte, quando il Palio è alle porte e vorresti riempirti della frenesia dei bimbi, del loro vociare; quando la corsa è mimata da giovani suole tra i vicoli che tagliano Siena; e si sognano gli zoccoli sulle lastre antiche; ci si immagina di nuovo fermi alla staccionata della stalla a guardare la bestia oppure zitti a sentir parlare i “grandi”.
Camminai lungo il tramonto osservando le bandiere, i balconi in fiore. Tutto sapeva di pace nella tarda primavera, tutto chiamava vecchi ricordi celati dagli archi gotici.
Ero un cittino allora.
E mi rividi a raccogliere i rondinotti piovuti dalle tegole sopra il pratino. Ero un cittino e avevo un grande giardino nascosto tra le case scialbate del rione.
E nei volteggi serali, gli stessi che adesso vedevo in un cielo di madreperla, gli uccelli vorticavano annunciando il tempo del Palio. Ero un cittino, sì, al tempo delle rondini.
Sentivo sopra casa mia la madre garrire il dolore e coglievo quel rondinotto caduto come si coglie con cura un fiore marzolino. A cento metri da casa mia, poi, il parapetto di Fontanella.
E lì si correva, coi ragazzi della strada. Una volta alla balconata, lesta la rincorsa e il lancio! Oddio… se rivolava! Tutto ridiveniva vita risalendo l’erta a corsa, impazziti sotto alle finestre delle case, berciando qualcosa di cui adesso sfumava il ricordo.
Spesso invece l’uccellino ricadeva sugli stolli a metà valle e tra l’ortica. E la morte aveva il suono della rondine che da sopra garriva un pianto. Qualcosa di duro mordeva il cuore, di crudele, ma passeggero. Poiché nell’infanzia vita e morte si fondono di un infinito incompreso.
E il Palio all’orizzonte, il pensiero di esso, metteva a posto ogni cosa. I tamburi lontani battevano la nostra infanzia, le bandiere a primavera vivevano di quel volo infranto ma audace.
Tutto si faceva leggero, poiché l’infanzia è Palio non ancora giocato, è Palio negli occhi di bimbi, è il sogno della terra in Piazza. Il Palio a primavera ha quel gusto infantile del non conosciuto.
Quale il cavallo del domani?
Cosa ci riserveranno le grida che sciabordano dai palchi? Tutto è oscuro ma ci invita, tutto è gioco, per davvero. Il Palio a primavera odora di gioventù presto sciupata. E vorresti fosse sempre così: quando sperare è lecito, quando il domani non è corrotto dalla fretta del vissuto. Quando porti il rondinotto alla balaustra e covi interminate speranze.
Volerà nei cieli tersi come il cavallo scavezzato vola sul Campo? O cadrà tra i rovi? Come cadono monche le contrade al giro di San Martino…
La primavera è l’infanzia del Palio che ogni anno rivivi, anche solo nei ricordi. Prima che lo sbuffo e lo scintillio di nerbo ci domi.
Michele Masotti
Michele Masotti è nato a Siena nel 1980 e vi ha sempre vissuto. Laureato in Scienze dei Beni Culturali, lavora in una ditta di servizi informatico-bancari. La sua passione per la letteratura e la scrittura gli permette nel 2013 di esordire col romanzo edito da Leone Editore “La Follia del Palio“. Sempre con l’editore milanese esce nel 2014 il secondo romanzo “Sotto le mura di Siena“, mentre a giugno 2017 è uscito l’ultimo tassello di questa trilogia dedicata alla città del Palio: “Il Tesoro di Siena”. Inoltre nel 2015 pubblica un romanzo biografico con Betti Editrice: “Vite, l’esistenza è fermentazione“, anch’esso legato al territorio senese.
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