Un secolo fa, per il quarto anno consecutivo, non venne disputata alcuna carriera. La Grande Guerra, però, stava volgendo al termine e il Palio d’agosto del 1918 sarebbe stato l’ultimo a saltare. Due e tre secoli addietro, invece, le corse dell’Assunta si tennero regolarmente, e allora andiamo a curiosare negli archivi per raccontare cosa successe in queste due occasioni.
La vigilia della “ricorsa” del 1718, messa in premio dall’Oca vincitrice a luglio, come usava all’epoca, fu caratterizzata da un fatto che avrebbe mutato per sempre la storia paliesca e la geografia contradaiola. L’Aquila, che fino ad allora non aveva mai aderito al Palio alla tonda e da più di un secolo non prendeva parte ad alcuna manifestazione pubblica, chiese per la prima volta di poter correre, segnandosi nell’ultimo giorno utile. Promotori dell’inattesa iniziativa furono il nobile Giovanni Antonio Pecci e il cavaliere Ascanio Bulgarini, che dopo aver riunito diciannove persone abitanti nel territorio della Contrada in una bottega alla Postierla, avevano redatto un documento di ricostituzione della stessa. L’istanza non piacque per nulla alle altre Contrade, soprattutto alle quattro confinanti, Pantera, Selva, Onda e Tartuca, che si opposero immediatamente presentando ricorso presso il Tribunale di Biccherna. Sostenevano che l’Aquila, dopo un così lungo periodo di inattività, avesse perduto ogni diritto ad essere considerata una Contrada, e quindi ritenevano di aver ormai acquisito privilegi territoriali sulle strade un tempo sotto la sua giurisdizione. Bulgarini, però, che era stato eletto capitano, si presentò di fronte alla Biccherna e respinse ogni rilievo, ribadendo il diritto dell’Aquila di partecipare al Palio. Con sentenza del 12 Agosto 1718 i Quattro Provveditori deliberarono che quest’ultima doveva essere considerata Contrada a tutti gli effetti e, dunque, aveva diritto di correre quel Palio e altri futuri. Come comprensibile, la decisione fu mal digerita e, secondo alcune fonti, il clima di quei giorni sarebbe stato così rovente da suggerire l’annullamento della “ricorsa” organizzata dall’Oca. Troppo forte era il timore che esplodessero disordini causati dalla scottante querelle. In realtà il Palio fu effettuato regolarmente, come prova la testimonianza di due contemporanei, lo stesso Pecci e Girolamo Macchi. Il primo, in particolare, nominato Protettore Nobile dell’Aquila, scrive nel Giornale Sanese che il 16 agosto le tredici Contrade partecipanti erano già radunate in piazza San Domenico per il corteo che le avrebbe condotte in Piazza, quando cominciò a piovere. Per questo motivo la carriera fu disputata il giorno seguente. A vincere fu la Chiocciola con il fantino Morino, che si aggiudicò anche il premio per la migliore comparsa. La tensione, comunque, doveva essere alle stelle: Macchi racconta che per evitare “qualche inconveniente di altre Contrade” i due premi furono mandati in San Marco a notte fonda.
Il Palio del 16 agosto 1818, invece, vide il successo del Leocorno che ebbe in sorte lo stesso baio scuro di Stanislao Pagliai che aveva trionfato a luglio, un autentico campione di quegli anni; pare, infatti, che abbia vinto tutte le nove carriere a cui partecipò! A montarlo fu Luigi Menghetti detto Piaccina, alla sua settima vittoria (chiuderà la carriera con un ultimo successo nel Bruco otto anni più tardi). Disputarono quel Palio: Chiocciola, Nicchio, Pantera, Selva, Leocorno, Lupa, Valdimontone, Tartuca, Istrice e Oca. Ospite illustre fu il Granduca di Toscana Ferdinando III, che era arrivato a Siena addirittura il 10 agosto insieme alla giovane figlia Maria Luisa. Più tardi arrivò in città anche il secondogenito ed erede al trono Leopoldo, che era accompagnato dalla consorte, l’arciduchessa Maria Anna Carolina di Sassonia. Per questo motivo le Contrade allestirono comparse e carri maestosi, dando vita ad uno spettacolo emozionante al cospetto di ben 40.000 persone presenti in Piazza. A partire primo fu il Nicchio, che montava Caino su un morello di Ermenegildo Barbetti; per tre giri lottò strenuamente con il Leocorno, tra sorpassi e contro sorpassi, ma nel finale Piaccina trattenne con successo Caino, lo superò e vinse di una sola testa del cavallo.
Il Granduca rimase così affascinato dal Palio a cui aveva assistito, che chiese di poterlo ripetere nei giorni seguenti, visto che si sarebbe trattenuto a Siena fino al giorno 25. Il 19 agosto fu perciò corsa una carriera straordinaria che vide la vittoria dell’Istrice con il fantino Francesco Morelli detto Ferrino, o Ferrino Maggiore, sul cavallo baio maltinto di Camillo Falconi.
Roberto Cresti
Maura Martellucci