In fondo a via di Mezzo e a via degli Orti si apre la piazza d’Ovile, che un tempo prendeva il nome di piazzetta di San Biagio.
In fondo a via di Mezzo e a via degli Orti si apre la piazza d’Ovile, che un tempo prendeva il nome di piazzetta di San Biagio, come ancora la denomina una mappa della città dei primi dell’Ottocento. Il nome si spiega con il fatto che qui vicino sorgeva lo scomparso oratorio di San Biagio, che a sentire il Macchi fu fatto nel 1502 in una casa di tessitori dai popoli di Ovile che in maggior parte erano battilana e tessitori di panni lani.
A fondare l’oratorio, quindi, erano stati i battilana di Ovile riuniti in una Compagnia Laicale intitolata al santo, che l’avevano ricavato da un’abitazione di tessitori. E’ ancora il Macchi ad offrire qualche ragguaglio architettonico della chiesa, oltre a fornircene il solito schizzo: aveva 2 campane e 3 altari, e nel luglio 1720 la facciata esterna e una parete laterale furono scialbate con calcina. Secondo varie fonti, peraltro non provate, per qualche tempo in San Biagio si sarebbero adunati i contradaioli del Bruco, prima che terminassero i lavori nell’attuale oratorio di contrada, che risulta già aperto al culto nel 1670.
Dove si ubicasse con precisione la chiesa si intuisce da un’attenta lettura delle fonti. Il Macchi è generico e la definisce nel Piano di Ovile; più dettagliato il Picchioni: la chiesa restava nel Pian d’Ovile, ed era la prima fabbrica nel prato a sinistra per chi dalla Via degli Asini (l’odierna via degli Orti) vuol uscire dalla porta. D’altronde lo stesso bando di Violante sui confini delle contrade (1730) lascia pochi dubbi: lo assegna al Bruco e dice che dalla Porta Ovile a sinistra occupi quel piano fino alla Chiesa di S. Biagio, mentre quando delimita il territorio della Lupa annota che dalla Porta Ovile a mano destra tenga quel Piano fino in faccia alla Chiesa di San Biagio e di lì per ambe le parti occupi la Via di Vallerozzi.
Pertanto l’oratorio era probabilmente il primo edificio del gruppo di case che dividono Vallerozzi dalla Piazza d’Ovile, con la facciata rivolta verso la piazzetta cui dava il nome. Sconsacrato nel 1785 a seguito del motu proprio Leopoldino di soppressione delle Compagnie, il fabbricato fu venduto a dei legnaioli che lo ridussero a magazzino, finché nel giugno 1815 fu abbattuto e ridotto ad orto.
Maura Martellucci
Roberto Cresti