Il 14 febbraio 1452 muore Pandolfo Petrucci, principale protagonista della vita politica della città dell’ultimo Quattrocento. Nato il 21 maggio 1512 da una famiglia di ricchi mercanti del Monte dei Nove, sposa Aurelia Borghesi, figlia di Niccolò Borghesi. Il matrimonio gli spiana la strada del potere, salvo, alcuni anni dopo, essere proprio lui il principale indiziato dell’uccisione del suocero che gli era ormai di intralcio. Personaggio controverso già per i suoi contemporanei, appare ad alcuni come il difensore del ruolo politico di Siena in un concerto di poteri paurosamente più forti (il Papa, i Medici, i Borgia, i signori di Milano, i re di Francia).
Era stato bandito da Siena, insieme al fratello, nel 1483 dal governo espressione del ceto dei Popolari, ma dopo quattro anni, con un colpo di stato tutt’altro che indolore, era rientrato in città prendendo il potere insieme al fratello Giacoppo che muore nel 1497. La sua signoria è diversa da quelle che caratterizzano l’Italia dei suo tempi, perché, nonostante fosse l’uomo politicamente più potente di Siena, non toccò (almeno formalmente) le istituzioni repubblicane, anche se, in realtà, esercitò su di esse un controllo totale.
Uomo pragmatico, sapeva, infatti, scegliersi i collaboratori, anche fra quelli che gli erano o gli erano stati oppositori. Di lui, infatti, Machiavelli tracciava un giudizio che rispecchiava il modo di signoreggiare di Pandolfo, e scrisse che “Pandolfo Petrucci, principe di Siena, reggeva lo stato suo più con quelli che li furono sospetti che con li altri”. Nel quadro italiano riuscì a muoversi con scaltrezza in mezzo a poteri enormemente più grandi del suo, bilanciandosi nei loro confronti fra alleanze e inimicizie, e soprattutto riuscì a resistere alle pressioni di Firenze che sfruttava i suoi avversari politici esiliati da Siena con l’intento di rovesciarlo.
Sul versante cittadino, riuscì a resistere anche all’opposizione di una parte dello stesso ceto novesco di cui faceva parte, capeggiato da Lucio Bellanti che, pur di scalzare Pandolfo, accettò l’aiuto di Firenze. Quando fu chiaro il disegno di papa Alessandro VI Borgia e di suo figlio, Cesare Borgia detto il Valentino, di insignorirsi di gran parte dell’Italia, Pandolfo si appoggiò subito ai nemici dei Borgia (i re di Francia), ma, al tempo stesso, sostenendo segretamente Ludovico il Moro, signore di Milano, che ai francesi si opponeva. Il suo pragmatismo, tuttavia, lo portò a cercare un accordo proprio con i Borgia, nel tentativo di preservare il potere suo e il ruolo di Siena nello scacchiere internazionale, con il retropensiero, però, di sfruttare il Valentino, senza, tuttavia, legarcisi di fatto. Il rapporto fra il Petrucci e i Borgia fu chiaro quando il Borgia, presa Perugia nel 1503, rivolse le sue mire proprio contro Siena e riuscì a manovrare la situazione istituzionale senese facendo mandare il Petrucci in esilio.
Scattò, a questo punto, la protezione del re di Francia, Luigi XII, che riuscì a far tornare al potere Pandolfo che rimase signore di Siena fino al momento della sua morte. Mercante, anche quando fu “principe”, perché voleva “col mezzo del stato cumularse gran roba”, politico avveduto, signore giusto e benefico (dove questo non gli recasse danno), fu caro al popolo e contribuì allo splendore della sua città. Fu promotore delle arti e mecenate per artisti come il pittore Antonio Bazzi, detto il Sodoma , e Luca Signorelli. A Siena si conserva ancora il Palazzo del Magnifico, in via dei Pellegrini, edificato di fronte ad una facciata laterale del Duomo, progettato da Giacomo Cozzarelli, allievo di Francesco di Giorgio Martini. Il figlio di Pandolfo, Alfonso (Siena 1492 – Roma 1517) fu eletto cardinale nel 1511, ma a causa di gravi contrasti con Leone X, che pure aveva contribuito a far eleggere papa nel 1513, venne arrestato, privato dei benefici e ucciso in maniera oscura in carcere.
Maura Martellucci
Roberto Cresti
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