Porta Camollia: il benvenuto ai viaggiatori della Francigena

Il tratto urbano della via Francigena attraversa Siena da nord a sud, passando dalle porte Camollia e Romana. Ingressi che, proprio per questa ragione, hanno avuto sin dal Medioevo un enorme valore simbolico, e a cui è stata prestata un’attenzione particolare da parte dell’autorità pubblica. Sono loro, infatti, la prima e ultima immagine della città, quella che rimane impressa negli occhi e nelle menti dei pellegrini e dei visitatori in genere. Sono loro che agli occhi del viaggiatore costituiscono il biglietto da visita, la cartolina della città. Tuttavia, essendo state realizzate in epoche e contingenze molto diverse, rispondono ad esigenze distinte, come avremo modo di raccontare nell’articolo odierno, in cui ci occuperemo di porta Camollia, e nel successivo, quando protagonista sarà quella di Romana.
La parte settentrionale della città, in particolare, per la sua conformazione morfologica viene fortificata sin da epoche remote. Essendo priva di qualunque difesa naturale, infatti, è agevolmente attaccabile e costituisce il logico approdo per eventuali assalitori.

Problema che diventa ancora più urgente a partire dal XII secolo, quando iniziano le prime scorrerie di Firenze nei confronti di questa piccola realtà, che rischia di minarne i sogni espansionistici in Toscana.
La più antica è attestata dalle cronache nel 1141, quando l’esercito nemico devasta e incendia i borghi della città, con quello di Camollia saccheggiato per tre giorni consecutivi. All’epoca è in fase di costruzione il grande ampliamento della cerchia muraria che lo includerà al suo interno, anche se il borgo di Camollia è già munito di proprie strutture difensive, forse realizzate in età carolingia, se non prima. Già un documento del 1082, infatti, cita una “Porta di Camullia”.
Dopo il primo attacco si costruisce in fretta e furia un avamposto fortificato di fronte alla porta, quasi completamente in legno, però, e non in muratura. Così nel 1230, quando i fiorentini assediano di nuovo la città, accampati al solito fuori porta Camollia, Siena se la vede davvero brutta e si salva a malapena, provando sulla propria pelle quanto inadeguate siano le difese sul versante settentrionale.

Si decide, così, di potenziarlo con un sistema difensivo più poderoso di quello esistente. Prima si edifica il “Torrazzo di mezzo” davanti a porta Camollia (1234), a sua volta oggetto di varie opere di miglioria, cui seguirà la costruzione del cosiddetto “Antiporto” (dal 1259 al 1270). Si realizza, quindi, una possente “castellaccia”, che resisterà egregiamente agli assedi avversari e verrà messa alle corde solo dall’avvento delle armi da fuoco.
Di come fosse la porta Camollia medievale restano solo testimonianze iconografiche. Dotata di antemurale, con la lupa e gli stemmi della Balzana e del Popolo in facciata, la porta antica ha una struttura che risponde pressoché esclusivamente all’esigenza difensiva, mentre meno curato è l’aspetto estetico. Anche perché il viaggiatore proveniente da nord incontra prima l’Antiporto, il vero ingresso alla città, detto talora “portone dipinto” o “della Vergine” per la sua decorazione all’interno di una grande edicola pitturata a fresco sul frontespizio, che costituisce una splendida accoglienza per chi giunge a Siena percorrendo la Francigena.
Semidistrutta nell’assedio del 1554-55, così come l’intera castellaccia, porta Camollia è ricostruita nelle forme odierne ai primi del Seicento, su progetto di Alessandro Casolani e decorazioni di Domenico Cafaggi. Persa ormai la funzione prettamente difensiva, si presenta in forme più gentili ed eleganti, seppur con un apparato piuttosto semplice, impreziosita dal celebre motto “Cor magis tibi Sena pandit”, scolpito sull’arco esterno, probabilmente da interpretare proprio come espressione di accoglienza per il viaggiatore, e non come atto di servilismo verso i Medici.

Maura Martellucci
Roberto Cresti

Katiuscia Vaselli

Nata nel cuore di Siena, giornalista e contradaiola fervente. Ora Capo-redattorice di Siena News e Presidentessa di Dinamo Digitale.

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Katiuscia Vaselli

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