‘Noi siamo consegnati alla terra, alle acque, all’arena, alla casa, agli strumenti, agli amici nostri, alle reminiscenze e ai fantasmi che promanano e direi vaporano dal paese, dalle torri, dai tetti, dai muri, dagli alberi’.
Cito questo profondo, fantastico pensiero, tratto da un testo di Carlo Emilio Gadda (recentemente riproposto da Roberto Barzanti) a commento di una mostra dei quadri di mio padre Dario, non solo a riprova di come le opere di un grande artista sono capaci di stimolare nell’animo sensibile di un grande scrittore nuove e originali intuizioni.
Lo cito anche per ricordare l’elevato clima culturale di cui Siena godette negli anni che precedettero e seguirono la tragedia della seconda guerra mondiale.
Credo che sia opportuno farlo, se non altro per contestare certi pregiudizi di maniera circolati in anni più recenti, ad opera di certi ambienti prevalentemente accademici, che tale clima hanno ignorato o sottovalutato. Forse, per snobismo intellettuale nei riguardi della Città che temporaneamente li ospitava, in attesa di trasmigrare verso sedi più prestigiose.
In quel lontano 1946, anno in cui il testo fu scritto, Dario Neri pur continuando a essere pittore di professione, lasciato il gravoso incarico di amministratore dello Sclavo, ricoperto in tempi particolarmente difficili, aveva da poco intrapreso una nuova avventura: quella della casa editrice Electa, da lui fondata a Firenze nel 1944, con la guerra ancora in corso.
Le sue pubblicazioni nacquero subito col contributo di moltissimi tra i più autorevoli storici dell’arte del tempo: da Bernardi Berenson, sir Kennet Clarck e sir John Pope-Hennessy in rappresentanza della tradizione anglosassone, a grandi studiosi senesi di fama internazionale, come Ranuccio Bianchi Bandinelli, Enzo Carli, Cesare Brandi.
Furono proprio le pubblicazioni dell’Electa, a far incontrare Dario Neri e Carlo Emilio Gadda.
Il quale, abbandonata, rientrando dal Sudamerica, la professione d’ingegnere, non disdegnava, nella sua nuova veste di scrittore, l’incarico di tradurre in spagnolo i testi a commento delle splendide riproduzioni dei capolavori che mio padre curava nei libri della sua nuova casa editrice, con tutto l’amore e la sensibilità artistica di cui era dotato.
Dario Neri, non mancò di alimentare quest’ amicizia con un gesto tipico di ogni Senese: l’invito al Palio.
Gadda lo accettò per il Palio di luglio del 1948, in cui il babbo, però, era impegnato come Capitano della sua Onda. Purtroppo, la carica non gli consentiva di far da guida al suo ospite, che fu affidato a mio fratello Achille e a me. Assistemmo al Palio da un palco nei pressi della mossa.
Gadda era un uomo dall’aspetto serio, imponente. Seguiva con attenzione il lento procedere del Corteo, ogni tanto annotando qualcosa in un suo taccuino. Non ricordo se lo abbandonò al momento della corsa. Mi parve molto concentrato ma non particolarmente emozionato.
A proposito del taccuino, il babbo mi spiegò poi che vi annotava le sue scoperte lessicali; vale a dire parole ed espressioni inusuali. In particolare, apprezzò molto il modo di dire ‘a regola d’arte’, a lui sconosciuta.
Dopo il Palio (che per l’Onda non andò per niente bene), il babbo condusse Gadda nella sua tenuta di Campriano, allo scopo di accrescere il contenuto del misterioso taccuino, mercé un incontro con la gente del luogo. Questo ebbe luogo dopo cena nell’oscurità di una loggia che si apre sulle valli dell’Arbia e dell’Orcia. Nella notte serena di una giovane estate fiorita di stelle e di lucciole, con in sottofondo il concerto dei grilli e delle rane, gli abitatori di Campriano, a poco a poco si sciolsero e principiarono a narrare storie dei luoghi dove avevano sempre vissuto: storie di streghe, soprattutto.
Oggi, può sembrare incredibile quanto l’argomento occupasse la mente specialmente della gente di campagna. Basti dire, che il babbo, nel 1919, appena rientrato dalla guerra, salvò, con qualche fatica, proprio a Campriano, un’anziana donna che una piccola folla eccitata si accingeva, dopo averla strettamente legata, a bruciare con l’accusa di stregoneria, nel forno del pane opportunamente arroventato!
Alcune ne ricordo ancora, e potrebbero benissimo ispirare un libro di racconti per illustrare un mondo, sopravvissuto fino a cinquant’anni fà, del quale la globalizzazione e la tecnologia ci hanno reso estranei: come astronauti sbarcati su un pianeta alieno.
Paolo Neri
(si ringrazia per le foto: ilpalio.org; ecomuseosiena.it)