È concluso il restauro del Crocefisso della chiesa di San Giovanni Battista di Radicondoli detta del Crocefisso. Il Crocifisso, ben noto a Radicondoli per la secolare venerazione di cui è stato fatto oggetto, ancora sconosciuto agli studi storico-artistici, è un’opera della prima metà del Trecento, che probabilmente fu eseguita da un artista girovago d’oltralpe specializzato in questo genere di sculture. Questa importante scultura lignea dipinta ha l’aspetto del cosiddetto ‘Crocifisso doloroso’, un tipo di figura di origine nordica, che presenta Gesù Cristo drammaticamente sofferente e con un aspetto molto realistico, come indicano gli evidenti segni delle ferite della flagellazione e l’abbondante e vera capigliatura. È conservata nella chiesa intitolata a San Giovanni Battista, un tempo connessa all’ospedale del Crocifisso e tenuta da una Compagnia omonima che nel 1845 divenne la Confraternita di Misericordia. E qui, dopo il restauro tornerà, domenica prossima.
Lo stimolo verso il recupero e la riscoperta di questa opera nasce dalle giornate del Fai, nel 2021. Stimolo che l’amministrazione comunale ha accolto volentieri decidendo di coprire tutto l’investimento necessario. Hanno collaborato a tutta l’iniziativa, oltre all’amministrazione comunale di Radicondoli, la Diocesi di Volterra, la Parrocchia di Radicondoli, Fai – Delegazione di Siena, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Siena Grosseto e Arezzo per le autorizzazioni ai restauri, l’Arciconfraternita di Misericordia di Siena per le operazioni di movimentazione e trasporto delle opere.
“Portiamo a compimento un intervento volto a conservare e diffondere la conoscenza del patrimonio storico-artistico del paese, che è ancora funzionale alla vita religiosa della comunità residente e diventerà anche una nuova attrazione per i visitatori – osserva il sindaco, Francesco Guarguaglini. – La nostra volontà è quella di valorizzare i beni artistici e culturali condividendo con la popolazione le risorse necessarie per riqualificarli al fine di restituirli e ai credenti e a tutti i cittadini”.
Il recupero del Crocefisso ligneo è andato avanti per circa un anno e mezzo. Com’è successo a gran parte delle immagini esposte alla venerazione dei fedeli, nel corso dei secoli è stato più volte ridipinto, tanto che erano stati coperti i colori originali e si erano anche trasformati i caratteri della scultura. Un paziente lavoro di restauro ha permesso a Silvia Bensi di recuperare i tratti dell’intaglio e la policromia antica, che è stata riportata in luce grazie a un meticoloso intervento di asportazione meccanica e di scioglimento di ben quattro strati di ridipintura, che è stato possibile grazie all’uso di solventi specificamente messi a punto dal chimico Paolo Cremonesi. Sia la pittura murale sia quella della tavola sono state restaurate da Luca Bellaccini, al quale si deve anche il recupero della stesura originale degli stemmi della famiglia Pannocchieschi d’Elci, collocati nelle basi dell’altare. È tornata alla luce anche un’epigrafe dipinta sotto la mensa, grazie alla quale sappiamo che la costruzione e la decorazione dell’altare furono finanziate dal cavaliere Achille Antonio Pannocchieschi dei conti d’Elci nel 1635. Asportando strati di scialbature e una falsa doratura sui due altari laterali, si sono recuperati anche gli stemmi della famiglia Noferi e Loli Piccolomini e due iscrizioni che ricordano l’impegno finanziario di Santi Noferi e di Marcello Loli Piccolomini (1679 – 1744), che nel 1731 dipinse le due pale degli altari.
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