Ci si chiede spesso dove possano arrivare le donne, quale sia e quanto sia demarcato il limite tra la sfera maschile e quella femminile, se la sola determinazione sia sufficiente a far raggiungere loro i traguardi che si sono prefissate. Quella che raccontiamo oggi è la storia di una donna che ha scritto una pagina particolare del Palio, un caso sui generis, è una storia fatta di segni del destino e di tre grandi amori, quello per la famiglia, quello per il cavallo, quello per il Palio e la Contrada: è la storia di Rosanna Bonelli, la mitica Rompicollo.
Ha gli occhi che brillano Rosanna, mentre ricorda quell’estate del 1957 e brillano con lo stesso entusiasmo che traspare da quella vecchia foto in Piazza del Duomo, mentre sul soprallasso sfilava nel corteo storico e non appena sedute, come un fiume in piena, inizia a raccontare il modo rocambolesco in cui il suo sogno è diventato realtà e la prima persona di cui parla è il padre, Luigi Bonelli che forse, anni prima, in una sua opera aveva previsto il destino della figlia. “ Sai, mio padre Luigi era uno scrittore e aveva scritto, tra le tante opere, anche una che si chiamava Rompicollo. Quell’anno io e mia sorella eravamo a Siena nel periodo in cui Luigi Zampa girava un film che poi è La ragazza del Palio e che era la copia dell’operetta del babbo.
Con mia sorella pensavamo di fargli causa, ma prima io volli andare a vedere il set e la mia storia da Rompicollo è cominciata così, un po’ per caso…alle volte il destino!”.
Rosanna ricorda bene quella mattina in cui curiosando su un set cinematografico insolito, supplicava l’amico Fernando Leoni, l’indimenticato Ganascia, di farla montare a cavallo e fu proprio lui che, dopo una serie di titubanze iniziali, mentre da una torretta al centro della conchiglia il regista chiamava i fantini ad uscire dall’entrone e fare qualche allungo sul tufo, guardò Rosanna e le disse di andare. “Mancavano alcune controfigure che erano andate a bere nella Torre… io mi sarei accontentata di fare dall’entrone al Casato e invece Fernando mi disse ‘vai, fai un po’ di giri e ti levi la voglia!’. Quando scesi e il responsabile di produzione si accorse che ero una donna, fece una di quelle sfuriate, dicendomi che ero stata un’incosciente perché non ero nemmeno assicurata. Io me ne andai cercando di sbrigare velocemente la cosa. Qualche giorno dopo arrivò a casa un responsabile e chiese di me, io pensavo mi avessero fatto una multa e invece mi dissero che si era fatta male la controfigura e avevano scelto me per sostituirla!”. Era stata un’emozione incredibile, ma si parlava pur sempre di un film e questo Rompicollo lo sapeva bene, quello che ancora non sapeva era che, proprio grazie a quel film, il Palio lo avrebbe corso davvero.
“Stavano preparando la pubblicizzazione del film e il regista venne da me e mi disse che sarebbe stato un perfetto trampolino di lancio, se per il Palio avessi montato davvero. Io ero entusiasta e consigliai al regista di parlare con mio zio Umberto, allora capitano della Selva ed ero quasi certa che non ci sarebbero stati problemi, ma lo zio si oppose fermamente e addirittura chiamò gli altri capitani perché non mi permettessero di montare; io però ero determinata e spinsi Luigi Zampa ( il regista, ndr) a cercare ancora. Lo zio non era riuscito a contattare solo Mario Masoni… Zampa ci riuscì, il Masoni vedendo che la produzione avrebbe pagato parecchio bene accettò”.
Gli occhi di Rosanna qui si accendono di una luce particolare, perché con la figura di Mario Masoni si comincia a parlare di quello che è stato il suo secondo grande amore della vita, quello per la Contrada dell’ Aquila. “S’era vinto l’anno prima e la vittoria di Palio era costata, c’era bisogno di rientrare e il regista, per assicurarmi la monta e assicurarsi la pubblicità, promise dei soldi a Mario e così il mio sogno divenne realtà! Dovette anche soprannominarmi Diavola, come la protagonista del film: in assoluto è la cosa che mi è più dispiaciuta. Per me, per la gente di Siena io sono Rompicollo e questo mi lega anche all’opera di mio padre”.
Sfoglia il suo libro Rosanna, mentre racconta dei quattro giorni in Contrada, dei ragazzi che le cantavano gli stornelli e che sono poi diventati gli amici con cui ha condiviso il suo percorso contradaiolo, del momento emozionante della passeggiata storica e poi con aria malinconica guarda le foto della corsa e dice “Il momento più bello è stato uscire dall’entrone: ti accorgi che la Piazza è in delirio, ma è un’emozione talmente forte che ti sovrasta e sembra che sia tutto un silenzio assordante”.
E’ stata l’unica donna ad avere il privilegio di correre sul tufo, per tutti è La ragazza del Palio, una sorta di leggenda vivente, per pochi è semplicemente Rosanna, ma questo non è mai stato un peso per lei, anzi la sua unicità è il suo vanto. Per suo marito però la cosa fu di più difficile gestione, almeno agli inizi. “Mio marito era un militare, un generale infatti per le nozze c’erano tutti gli ufficiali con la spada – dice mostrando le foto del matrimonio – . L’occhio cade su un titolo di giornale “La fantina del Palio ha trovato un marito”- ci hai fatto caso vero?? Mamma mia quanto si arrabbiò quando lo lesse! Stavamo rientrando dal viaggio di nozze e in aereoporto si fermò a comprare il quotidiano, pensavo si sentisse male. Iniziò a dirmi se mi rendevo conto di quello che era successo, se capivo che lui era un generale! A me la cosa faceva sorridere, con il tempo imparò a sorriderci anche lui…!”.
La forza di questa donna sta proprio qui nell’essere stata capace e nell’essere ancora capace di ridere della sua storia così atipica e particolare, nell’aver amato a tal punto se stessa da non fermarsi di fronte all’immagine di un mondo di per sé maschile, nell’essere stata capace di essere custode e testimone al contempo della sua stessa impresa. Ha un unico piccolo pallino oggi, quello di non aver potuto percorrere su un soprallasso, con la montura, il tratto che dalla sua contrada porta a Piazza del Duomo per la passeggiata storica e quindi di poter rifare la stessa foto che nel 1957 fece scalpore.
Il tempo, però, ha dimostrato che quella pagina di storia, scritta per un caso fortuito o forse perché semplicemente era destino, non ha perso smalto, ma anzi, continua con gli anni a tingersi d’oro, che è il colore dei grandi e che rifinisce quel giubbetto che ha indossato con orgoglio. Pensandoci bene poi tra l’oro e il giallo c’è la distanza di qualche tonalità nella scala cromatica e quel giallo vivo, che identifica il giubbetto dell’ Aquila sul tufo, è anche il colore della mimosa, il fiore femminile per eccellenza, quello che si regala nel giorno dell’anno in cui si celebra il gentil sesso, ed è un colore brillante come gli occhi di Rompicollo quando ricorda la sua favola. Per qualcuno è anche il colore dei matti, ma Rosanna Bonelli è la testimonianza che con la giusta dose di follia anche i sogni più impensabili diventano realtà: ecco perché quel palio dell’agosto del 1957 è un meraviglioso tocco giallo, come un fiore di mimosa, nel grande libro della storia senese che la impreziosisce e la rende incredibile. Come Rosanna, come le donne che, anche nel Palio e nelle Contrade, hanno dimostrato di poter dire come sempre la loro!
Vittoria Rachele Guideri