Il 22 luglio 1639 muore a Siena il celebre pittore Rutilio Manetti e viene sepolto in Duomo. Era nato, sempre a Siena, il 1 gennaio 1571, in una famiglia modesta, il padre Lorenzo di Iacopo, era sarto. Sembra che abbia fatto il suo apprendistato nella bottega di Francesco Vanni e Ventura Salimbeni, protagonisti della scena artistica senese negli ultimi decenni del Cinquecento e responsabili dell’immissione nella cultura figurativa locale dell’influenza di Federico Fiori detto il Barocci e del tardo manierismo romano. Le prime realizzazioni datate del Manetti sono due “Storie di Santa Caterina” dipinte ad affresco nella sala del Consiglio del Palazzo Pubblico e datate ottobre 1597 e due “Storie del vescovo Antonio Piccolomini”, datate 1598. Questo ciclo di affreschi della sala consiliare, commissionato dal Capitano del Popolo e dedicato a episodi più importanti della storia della Repubblica di Siena, è un’impresa pittorica di rilievo e coinvolge, oltre a Manetti, artisti del calibro di Vanni, Salimbeni e Sebastiano Folli. Manetti ormai si sta mettendo in luce per le sue qualità artistiche e, dopo il 1605, grazie all’impegnativo ciclo di affreschi dell’Oratorio di San Rocco, nella Contrada della Lupa, acquista una posizione di primissimo piano nel contesto senese. Intorno al 1615 la sua arte inizia a mutare subendo l’influsso della pittura di Caravaggio (ma negli anni risentirà anche dell’influenza di Gerrit Van Hontorst, Valentin de Boulogne, Nicolas Tournier, Bartolomeo Cavarozzi, Orazio Borgianni, Antiveduto Grammatica) e lo confermano opere come “l’Estasi della Maddalena” della Galleria Palatina di Firenze (1618 circa) o la più tarda “Estasi di San Gerolamo”, oggi parte della Collezione Monte dei Paschi, uno dei capolavori dell’artista (1628). Durante il terzo decennio del XVII secolo Manetti realizza forse il suo dipinto più famoso: il “Riposo durante la fuga in Egitto”, conservato presso la chiesa di San Pietro alle Scale. Molte, logicamente, le sue commesse fuori Siena (Pisa, Firenze, Massa Marittima, Roma, Lucca, Forlì, per citarne solo alcune) e tra i suoi mecenati c’è la famiglia de’ Medici per la quale realizza moltissime opere. Nella vita privata sposa il 7 maggio 1601 Lisabetta, figlia di Annibale Panducci, di professione vasaio, ricevendo una dote di 800 fiorini. Il 15 marzo 1605 sappiamo che viene battezzato Giacomo, il figlio primogenito, il quale risulta essere stato sepolto in San Giorgio poco più di un anno dopo, mentre l’8 gennaio del 1609 viene battezzato un secondo figlio, Domenico, che seguirà le orme paterne e sarà un pittore di ottimo livello.