San Casciano dei Bagni, i bronzi protagonisti a Napoli: al Mann mostra arricchita con i tesori dell’ultimo scavo

Ci saranno anche i reperti dell’ultimo scavo nel santuario del Bagno Grande ad arricchire la mostra ‘Gli Dei ritornano. I bronzi di San Casciano’, che farà tappa al Mann di Napoli dopo la prima esposizione al Quirinale.

La mostra in Campania inizierà il prossimo 15 febbraio e potranno essere ammirati: anche un donario di travertino, base di un ex voto che eccezionalmente reca la doppia scritta in etrusco e in latino che celebra la fonte termale; un ciondolo di cristallo di rocca a forma di pesce; la statua di Orante, femminile, interessata da un lungo restauro, alte 60 centimetri e dall’aspetto particolarmente raffinato; piccole azioni votive e il segno di un rene in bronzo. Ritrovamenti che, con le altre statue e statuette bronzee, ex-voto e monete scoperti nelle terme di San Casciano, raccontano rituali e i culti delle divinità venerate nel territorio e nel sito termale dell’antica città-stato etrusca di Chiusi.

In questi giorni si sta completando nei laboratori del Mann il restauro propedeutico al ritorno in mostra nel capoluogo partenopeo, che “porterà a riflettere di nuovo su questo contesto straordinario, cioè statue che abbiamo ritrovato in una vasca dove l’acqua sgorga a 40 gradi, acqua termale”, dice Massimo Osanna, direttore generale Musei del Ministero della Cultura. Le statue e le altre testimonianze, “sono state sepolte, molto verosimilmente, perché un fulmine era caduto sul santuario – spiega Osanna – questo per gli antichi significa riflettere su che cosa ci vuole comunicare il Dio. In quel caso, evidentemente, l’omen era negativo. Sappiamo che a Roma, quando cadeva un fulmine, si chiamavano gli etruschi proprio per decifrare il volere della divinità. In questo caso, evidentemente, c’è stata proprio una interpretazione negativa: bisognava seppellire gli oggetti che erano stati toccati dal fulmine. E questo ha fatto sì che si conservassero fino a noi”.

A San Casciano dei Bagni ancora oggi ci sono vasche termali, frequentate. “Continueranno ovviamente gli scavi – aggiunge il direttore generale Musei – adesso sono interrotti, riprenderanno con la bella stagione. Continuano gli scavi perché il giacimento, possiamo dire senza fine, enorme, quindi non solo del santuario, vero e proprio, ma la stessa vasca non è stata ancora scavata del tutto. Questo vuol dire che ci aspettiamo numerose altre scoperte”.

Intanto ciò che è emerso dal fango e dall’acqua termale, racconta la storia del percorso, che dal terzo secolo a.C. giunge alla fine del quarto secolo d.C.. Sono “700 anni di storia di percorsi di transizione fra la cultura preromana etrusca e il mondo romano – evidenzia Jacopo Taboli, coordinatore scientifico del progetto di scavo, che con Osanna cura l’allestimento della mostra – è un luogo termale di cura, dove si pregava, ma ci si curava poi effettivamente”. Un “elemento eccezionale sta nella rappresentazione di organi offerti all’acqua ex-voto. Ci raccontano delle guarigioni legate alla potenza benefica della sorgente”, aggiunge. Per la prima volta all’interno di una sorgente termale sono stati ritrovati strumenti chirurgici, “è il caso di una sgorbia”, e danno la sensazione che la medicina era effettivamente praticata.

“Le lastre poliviscerali in bronzo, in particolare, sono una rappresentazione eccezionale – continua Il coordinatore scientifico dello scavo – come delle moderne Tac di corpi aperti. E danno il senso di una conoscenza anatomica, già in epoca etrusca, nel secondo secolo a.C., elevatissima e che immaginiamo avesse uno spazio all’interno del santuario. Accanto alla preghiera, spazi per la cura umana e animale. Perché delle vasche erano probabilmente dedicate ai lunghi percorsi di transumanza che attraverso l’Etruria, dalla montagna, giungevano verso il mare”.

I reperti sono oggetto di studi multidisciplinari, in questi giorni al Mann. Al momento è stato creato un pool di 70 studiosi, ed “è molto importante che la ricerca continui – spiega ancora Tabolli – per permetterci di studiare statue che sono in realtà giovani, per noi. Le conosciamo dal novembre 2022, quindi è materiale che ha 2200 anni ma che in realtà per noi è come fossero giovanissime”.

“Sono una fucina di informazioni che per i prossimi 30, 40 anni ci dirà moltissimo sui processi di fusione sulle fonderie antiche; sullo stato di conservazione. Come si è modificato, è modificabile dall’acqua in contesti termali. Quindi è in realtà da questo punto di vista una storia tutta da scrivere”, conclude.