Secondo la leggenda, Ansano della famiglia romana degli Anicii (o Anicia) sarebbe nato nel 284. Arrivato a Siena (né sul quando né sul come di questo arrivo si sa di più) avrebbe evangelizzato la città, ma, per questa sua attività di proselitismo religioso, sarebbe stato imprigionato e sottoposto al supplizio della pece bollente in quella località sotto l’antico originale insediamento senese, e che da lui ha preso il nome di Fosso di Sant’Ansano. Uscito miracolosamente indenne, Ansano sarebbe stato decapitato il 1 dicembre 304 nei pressi di Dofana, dove una cappella ricorda ancor oggi il luogo del martirio.
La leggenda di Sant’Ansano emerge in epoca longobarda con un forte intento identitario, al fine di legare la giovane diocesi senese al culto di un santo che fosse rappresentativo dell’intera comunità e che viene identificato (come è usuale al tempo) in colui che ha traghettato la città al Cristianesimo.
Ma la promozione del culto di Ansano ha anche un altro aspetto. La cappella di Dofana, infatti, sorge nel pieno della fascia di chiese e pievi che Siena contende alla diocesi di Arezzo (della quale originariamente facevano parte) e fare di Ansano il simbolo della città – come fanno congiuntamente il vescovo e i conti cittadini – equivale a trasformare in atto di sacrosanta giustizia il rivendicare a Siena dal vescovo senese l’edificio di culto che ospita le sue reliquie e, a cascata, gli altri edifici religiosi ad esso più o meno vicini. L’intento è quello di affermare il controllo senese su un territorio vicino alla città, ma, visto da un’altra ottica, è anche teso ad evitare che il vescovo di Arezzo, consolidando il suo potere su questa fascia di Valdarbia, accampi pretese di egemonia religiosa e politica sulla stessa diocesi e la stessa città di Siena.
Così, mentre fra la metà del VII secolo e la metà del secolo successivo si sviluppa la redazione e la diffusione di una “Passio” di Ansano, anche se, per il momento, di lui si enfatizza più il ruolo di martire che quello di evangelizzatore, a inizio dell’VIII secolo (715) il gastaldo longobardo che governa Siena, Wilerat, fa costruire una serie di oratori e fonti battesimali dedicati a Sant’Ansano e un suo successore, Wasperto, a metà di quello stesso secolo, fa costruire un nuovo altare dedicato al santo, proprio a Dofana e ne affida la consacrazione direttamente al vescovo senese Ansfrido, ignorando del tutto ruolo e prerogative territoriali del vescovo aretino.
Redazioni di gesti di forte valenza e simbolica, insomma, testimoniano di una comune volontà, condivisa da chiesa cittadina e potere politico locale, di consolidare la memoria condivisa del legame fra Ansano e Siena, nonostante (o, come si è visto, forse proprio per questo) che il corpo santo riposi in diocesi aretina.
Il fatto che, nell’867, in una “platea senense” donata ai monaci di San Salvatore di Fontebona da Guinigi di Ranieri dei Berardenghi, sorga un oratorio dedicato al martire è un’ulteriore importante conferma della affermazione del culto del santo e del risoluto ancoraggio ad esso della memoria collettiva civica e religiosa della comunità. La cappella, che secondo la tradizione comunemente tramandata sarebbe stata ubicata nell’attuale Campo, sarebbe stata distrutta a inizio Trecento per l’ampliamento del Palazzo Pubblico. E’ probabile, però, che questa collocazione sia del tutto errata. Paolo Brogini, in un documentatissimo e scrupoloso lavoro sulla Siena alto-medievale, dubita, con argomentazioni convincenti, di questa collocazione, debitrice di una discutibile ricostruzione di Girolamo Macchi (l’erudito vissuto fra la metà del Seicento e il 1734), e ipotizza che essa si trovasse, invece, nell’area dell’antico castrum di Castelvecchio.
Dovunque fosse ubicato questo edificio, resta comunque il fatto che la sua costruzione sottolinea una tappa rilevante nel processo che avrà culmine solo alcuni secoli dopo con la traslazione delle reliquie di Ansano da Dofana al duomo cittadino, nel 1108, ad opera del vescovo Gualfredo. Questo atto, che corona, appunto, la costruzione del legame fra Ansano e Siena è forse da mettere in correlazione alla redazione di una seconda Passio di Ansano, modellata sulla prima, ma che, diversamente da essa, enfatizza, adesso, con forza il ruolo di evangelizzatore avuto dal martire, promuovendolo così, dal rango di testimone della fede di Cristo a quello di costruttore della cristianizzazione senese e legittimandone, così, il peso della sua protezione sulla città. Abbiamo detto forse. Francesco Scorza Barcellona, che ha studiato questo tema, mette in guardia da incaute certezze: la Passione dotata di queste valenze potrebbe, infatti, anche essere stata redatta sotto il vescovo Bono (fra il 1189 e il 1215) o addirittura rientrare nelle opere attribuibili al canonico Oderigo (compilatore di un importante Ordo Officiorum) e in questo caso si sarebbe nel primo trentennio del Duecento (Oderico muore nel 1235).
Duccio Balestracci